A seguito dell’iscrizione nel registro dell’Anagrafe e dello Stato civile di Agrigento del figlio nato da una coppia omo-genitoriale da parte del sindaco, Calogero Firetto, interviene il comitato “Difendiamo i nostri figli della Sicilia”, che afferma: “Il sindaco, con un atto di prepotenza, ha scavalcato il legittimo operato dell’ufficio di Stato Civile, trascrivendo illegittimamente all’Anagrafe comunale l’atto di nascita di un bambino concepito da una donna con la tecnica della fecondazione eterologa. In virtù di tale atto arbitrario del sindaco, la madre naturale del bambino e la di lei compagna hanno ottenuto di figurare nei registri anagrafici come genitori legittimi (madre-madre) del bambino. Il sindaco ha tradito non soltanto la legge, ma anche la verità, facendo dire al Comune di Agrigento, con un atto di prepotenza frutto della cosiddetta ‘ideologia del desiderio’, che un bambino può essere figlio di due madri ed essere privo di padre. Chiediamo al sindaco, quale ufficiale territoriale di Governo, di rispettare la legge e di non violarla. Con la sua amministrazione si occupi dei veri gravi problemi che interessano la comunità civile. Auspichiamo un intervento della Procura competente per territorio, per la violazione dell’ordine pubblico interno che la trascrizione dell’atto illegittimo, ha comportato”.
Iscrizione figlio da omo-genitori, “violata la legge”
Il sindaco Firetto registra il figlio di una coppia omo-genitoriale ad Agrigento
Il sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, ha registrato all’Anagrafe del Comune il figlio nato da una coppia omo-genitoriale di Agrigento. Firetto ha firmato l’atto di riconoscimento del bambino partorito da una delle due giovani donne all’ospedale di Agrigento avvalendosi della tecnica della procreazione medicalmente assistita. L’atto è stato firmato personalmente dal sindaco a seguito di un indirizzo politico espresso da tutta la giunta comunale che ha condiviso le valutazioni poste alla base di tale scelta. Il responsabile dell’ufficio Anagrafe e Stato Civile del Comune ha manifestato la volontà di non procedere all’iscrizione. Pertanto è intervenuto il sindaco. Al termine della registrazione, e si tratta della prima volta di casi del genere ad Agrigento, la coppia omo-genitoriale agrigentina ha ringraziato sindaco e impiegati comunali presenti, offrendo dei confetti. Lo stesso Firetto commenta: “Al di là delle sensibilità di ciascuno, è un dato di fatto che un bambino che nasce acquisisce i propri diritti. È un bambino atteso con amore e accolto con amore. Ora è accolto da tutta la città e Agrigento si adegua all’orientamento già seguito da alcuni anni da altre città italiane, in cui i diritti della persona sono difesi con fermezza e, quando necessario, anche con atti di coraggio”.
Indagini a Sciacca su fantoccio e manifesti offensivi
A Sciacca proseguono le indagini a seguito del rinvenimento di un fantoccio adagiato su di una panchina in piazza Marconi e di alcuni manifesti offensivi. Sono stati, in particolare, acquisiti i filmati degli impianti di video sorveglianza nella zona. Il fantoccio, che è stato sequestrato, contiene al viso la foto dell’ex senatore Nuccio Cusumano con la scritta sul petto: “Il padrone di Sciacca”. E i nove manifesti, altrettanto sequestrati, contengono offese verso lo stesso Cusumano, la sindaca Francesca Valenti e l’ex vice sindaco Filippo Bellanca.
“Montante”, chiesti 24 rinvii a giudizio (video)
La Procura di Caltanissetta ha chiesto al Tribunale il rinvio a giudizio di Antonello Montante e altri 23 imputati nell’ambito dell’inchiesta “Double Face”. I dettagli.
La Procura della Repubblica di Caltanissetta, capitanata da Amedeo Bertone, e il suo braccio investigativo, la Squadra Mobile nissena capeggiata da Marzia Giustolisi, hanno concluso le indagini su una delle due associazioni a delinquere contestate all’ex presidente di ConfIndustria Sicilia, Antonello Montante, nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Double Face”. Si tratta della “tela del ragno”, una rete di spie e di favori che Montante avrebbe allestito per beneficiare di soffiate e informazioni su indagini che lo avrebbero coinvolto più o meno direttamente. E la Procura ha chiesto al Tribunale il rinvio a giudizio degli indagati, adesso imputati. Bertone, insieme ai sostituti Gabriele Paci, Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, ha firmato la richiesta del processo a carico di Antonello Montante, detenuto dallo scorso 14 maggio per associazione a delinquere, e gli altri 23 sono: per concorso in tale associazione a delinquere l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, inizialmente indagato solo per rivelazione di notizie riservate e favoreggiamento nei confronti di Montante. E poi l’ipotesi del concorso in 416 è contestata ad Andrea Grassi, dirigente della prima divisione Servizio centrale operativo di Roma, poi Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi, che è il servizio segreto civile, e poi Angelo Cuva, docente universitario: e i tre avrebbero contribuito ad eludere le investigazioni della Procura di Caltanissetta tramite la rivelazione di notizie coperte da segreto d’ufficio. E poi Massimo Romano, imprenditore, che avrebbe assicurato assunzioni di appartenenti alle forze dell’ordine. E poi, come scrive la Procura, “dietro elargizione di favori per loro stessi o per amici e familiari, avrebbero eseguito attività del loro ufficio in maniera tale da soddisfare gli interessi di Antonello Montante”: Gianfranco Ardizzone, Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta e poi Capo centro della Direzione investigativa antimafia, Ettore Orfanello, comandante della Tributaria della Guardia di Finanza di Caltanissetta, e Mario Sanfilippo, appartenente al Nucleo di polizia tributaria. E poi Giuseppe D’Agata, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, che avrebbe fornito a Montante informazioni riservate. E poi, Diego Di Simone, capo della squadra sicurezza di ConfIndustria Sicilia, Marco De Angelis, sostituto commissario della Polizia, e Salvatore Graceffa, vice Sovrintendente della Polizia di Stato, e i tre, “al fine di tutelare gli interessi di Montante, avrebbero reperito, attraverso accessi abusivi nella banca dati delle forze dell’ordine, informazioni di natura riservata”. E poi, Arturo Esposito, comandante della Legione Carabinieri Sicilia e Capo di Stato maggiore dei Carabinieri, si sarebbe occupato di promozioni e trasferimenti e avrebbe veicolato informazioni di natura riservata. E poi, ancora, Salvatore e Andrea Calì, titolari di una impresa di intelligence, e che rispondono di favoreggiamento, e poi il colonnello Letterio Romeo, ex comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri di Caltanissetta, che avrebbe occultato una relazione di servizio e risponde di soppressione di atti. E poi il dirigente generale dell’assessorato Attività produttive, Alessandro Ferrara, imputato di favoreggiamento, così come il sindacalista Maurizio Bernava. E poi Carlo La Rotonda, direttore di Confindustria Centro Sicilia, imputato di simulazione di reato, così come Salvatore Mauro, dipendente dell’impresa dei Calì. E poi sono imputati per favoreggiamento anche Vincenzo Mistretta, ritenuto uomo di fiducia di Montante, e le collaboratrici di Montante, Rosetta Cangialosi e Carmela Giardina: la notte del blitz a Milano, il 14 maggio scorso, avrebbero aiutato Antonello Montante a distruggere, prima di essere arrestato, pen drive e appunti, poi lanciati dalla finestra in un pozzo luce. Nel frattempo sono ancora in itinere le indagini, che si avvalgono anche della collaborazione di un dirigente regionale, relative all’altro tipo di associazione a delinquere contestata ad Antonello Montante, in concorso, in tale caso, con l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta e gli ex assessori alle Attività produttive della sua giunta Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, oltre il già presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, e un gruppo di imprenditori. Gli inquirenti ipotizzano un accordo tra Montante e Crocetta per pilotare i fondi dell’assessorato regionale alle Attività produttive.
A Casa Sanfilippo si presenta “Il trionfo di Esseneto” (video interviste)
Le interviste sono in onda oggi al Videogiornale di Teleacras.
Il Tar conferma il cattolicese Giuseppe Termine a capo di un Ipab
La Corte d’Appello sconfessa il Comune di Ravanusa
Cgil agrigentina a lutto, è morto Giovanni D’Angelo
La Cgil agrigentina è in lutto a seguito della morte di Giovanni D’Angelo, per tanti anni dirigente del sindacato, con importanti incarichi di categoria e confederali. Il segretario provinciale della Cgil di Agrigento, Massimo Raso, ricorda così Giovanni D’Angelo: “E’ stato un validissimo direttore provinciale dell’Inca, il patronato della Cgil, presidente dell’Inps di Agrigento, componente della segreteria provinciale del sindacato pensionati della Cgil, amministratore locale, sindaco di Ravanusa, la sua città natale, consigliere provinciale e vice presidente della Provincia di Agrigento. Una persona onesta, un grande lavoratore, un punto di riferimento della Sinistra Agrigentina. Mai allineato, con una sua visione del mondo che difendeva con orgoglio, combattivo. Una persona garbata, elegante e mite. Avrebbe sicuramente, in ragione della sua preparazione e delle sue capacità, meritato di più dalla politica e dal suo sindacato, la Cgil, che non lo dimenticherà. Muore nel giorno del 112° “compleanno” della Cgil. Parte di quella storia, nella nostra provincia, l’ha scritta lui”.