Ennesimo successo per l’artista agrigentino Giuseppe Miccichè. La sua ultima opera ha vinto un premio prestigioso a Milano (Premio Michele Cea in onore di un artista scomparso prematuramente a 27anni), ricevendo riscontri anche su riviste nazionali. Un urlo silenzioso soffocato sul confine tra realtà e incubo. La mimica facciale dell’opera di Giuseppe Miccichè rivela le difficoltà relazionali tra essere umano e società circostante, una società che lo rende prigioniero di una gabbia invisibile, carcere desolante che non lascia possibilità di liberarsi. Questa la critica dello storico dell’arte Massimiliano Porro: “L’argilla cotta è plasmata con tensione nervosa ed energia pronte ad esplodere; la materia si fa dunque manifesto visivo del mondo contemporaneo. La fisionomia indefinita, attraente e conturbante, permette al fruitore di porsi in ascolto in un vuoto dimensionale, lasciando che le emozioni possano identificarsi in quel volto che parla un linguaggio universale scavato nella sofferenza. Miccichè dunque, con questa scultura svela un personalissimo percorso a tappe dove, ad ogni sosta, accade un incontro e uno scambio viscerale che attraversa, in questo caso, la plasticità della sostanza corporea per giungere a luoghi oscuri e reconditi. Una ricerca esclusiva che ci interpella in modo potente e prepotente, un’immagine che moltiplica all’infinito una eco mentre l’universo intero diviene cassa di risonanza di un modus vivendi giunto alle soglie di un’Apocalisse ineluttabile”.