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Il padre di Vincenzo Busciglio scrive a Mattarella

Giovanni Busciglio, padre di Vincenzo Busciglio, il giovane di 23 anni ucciso a coltellate ad Alessandria della Rocca il 12 marzo del 2019, ha scritto e diffuso una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In particolare, Giovanni Busciglio pone all’attenzione del Capo dello Stato alcune questioni di carattere tecnico – giudiziarie, con conseguenti implicazioni umane e di sofferenza a carico della famiglia Busciglio.

Vincenzo Busciglio

“Sono Giovanni Busciglio padre di Vincenzo che a soli 23 anni è stato colpito da plurime coltellate alla schiena ed è morto. Prima di spirare ha invocato aiuto dicendomi l’identità dell’accoltellatore. Il suo nome è Pietro Leto coetaneo che vive a pochi metri dalla nostra abitazione; da quel giorno è in custodia cautelare.

Mio figlio ha lottato in vita per guarire da un neuroblastoma. Era rinato, poi è stato ucciso senza apparente motivo accoltellato e dal 12.03.2019 a casa nostra non si vive, si è persa la serenità. Non ho inteso vendicarmi ma affidarmi alla Legge.

Ho atteso la conclusioni delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Sciacca che ha subito arrestato l’imputato ed ha impiegato 8 mesi per acquisire il risultato dell’autopsia. Il documento che ha certificato la causa della morte qui trascritta letteralmente riporta: “i dati del! ‘esame necroscopico documentano che la morte di Bus ciglio Vincenzo è attribuibile a shock emorragico conseguente a lesioni da arma bianca e lacerazioni d’organi interni. L’emorragia che di fatto ha determinato lo stato di shock è conseguente alla lacerazione della aorta a livello addominale”.

Ho atteso paziente il giorno della requisitoria, in venti minuti, il Pubblico ministero ha chiesto la condanna ad anni 14 per omicidio volontario. Ho capito che mio figlio per la giustizia è un fascicolo il n. 475/2019 del Registro generale.

In Vincenzo ho riposto le speranze di una vita scandita dalla sveglia che puntuale alle 4 e mezza del mattino mi orienta nella giornata di operaio. Ho curato Vincenzo grazie al professore Aricò che amorevolmente ha ridato la speranza alla nostra famiglia quando le tenebre si addensavano. Ho capito così l’esistenza di uomini di scienza e dei sentimenti di solidarietà, Vincenzo è ritornato guarito dopo 5 anni. Dio lo ha chiamato alla casa del Padre stroncato non dalla malattia ma dalla violenza gratuita di un giovane compaesano.

Oggi non riesco a capire le ragioni di non contestare, da parte del Sostituto procuratore di Sciacca, dott.ssa Griffo, l’aggravante ai fini del trattamento sanzionatorio dell’uso dell’arma o il capo ulteriore di imputazione di porto abusivo in luogo pubblico del coltello o dell’arma bianca. Alla udienza del 29.06.2020, susseguente la requisitoria, ho udito la tesi del Pubblico Ministero secondo la quale “non essendo stata ritrovata l’arma” non intende contestare il capo di imputazione, sollecitato dai miei avvocati. Ed allora domando: Vincenzo come è stato ucciso, come si è procurato la ferita dietro la schiena e nell’addome? Eppure non è accettabile adeguarsi al silenzio di chi non dice di aver visto; erano le 19.50 ed Alessandria della Rocca è un paese piccolo dove tutti conoscono l’altro. Le telecamere della zona sono state segnalate ma nessuno ha estrapolato le immagini. La famiglia dell’imputato non ha mai chiesto scusa ed il giovane non ha mai mostrato pentimento.

Ho capito che la vita di mio Figlio vale poco, perché non è figlio di genitori importanti e neanche ricchi. Io da Padre non intendo rassegnarmi, mio Figlio secondo il medico legale del p.m. che ha impiegato troppi mesi per depositare la consulenza, è morto per mano di un coltello. L’arma anche se non ritrovata è il mezzo della morte atroce. Non accetto la tesi giuridica di non contestare l’uso dell’arma perché non è stata sequestrata. Ho chiesto ai Carabinieri di Alessandria della Rocca, diretti dal Capitano Dente, di cercare l’arma in alcuni luoghi indicati.

La paura del virus non può penalizzare la domanda di Giustizia, la circostanza di non ritenere la disperazione di una Famiglia pari al Covid, che ha mietuto vittime, infonde poca fiducia sull’attenzione riservata al Figlio di un cittadino forse colpevole di non avere una famiglia potente, ricca, certamente piena di dignità e senso di civiltà. Siamo stati lasciati soli al nostro destino. L’Amministrazione Comunale non si è costituita parte civile. Io sono certo che una pena di 14 anni se dovesse essere accolta porterebbe fra dieci anni il giovane, vicino di casa, libero in paese e potrà passare dai luoghi del delitto.

L’indifferenza che circonda il delitto di un Figlio di Alessandria della Rocca mi addolora ed è per questo che rivolgo l’appello a Voi Istituzioni, preposte al controllo di legalità e giustizia, per chiederVi se un Figlio di operaio, cittadino italiano, senza padrini possa morire due volte la prima per mano dell’omicida la seconda per l’indifferenza dello Stato e degli Organi deputati all’Amministrazione della Giustizia e della Cosa pubblica.

A Lei Signor Presidente Mattarella mi rivolgo deferente e segnalo da siciliano che ha conosciuto il dolore di estrarre il cadavere di un familiare crivellato da colpi. Io ho visto morire tra le mie braccia mio Figlio, il quale mi ha detto prima di morire: “Pietro Leto m’ accutiddrò”. Ed io sono morto con Lui, oggi la Giustizia sta celebrando il De profundis.

Volevo Signor Presidente della Repubblica, con rispetto, rappresentare il senso della mia sofferenza, della mia angoscia e preoccupazione per il gravissimo ed insuperabile lutto subito e per ciò che sto quotidianamente vivendo nel post mortem del mio amato Vincenzo, con mia moglie Antonia e le mie Figlie Sonia ed Aurora che non riescono a darsi pace. Mi congedo con riguardo e reverenza.

Sig. Giovanni Busciglio

Redazione
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