La vicenda riguarda, ancora una volta, l’adozione di un’informativa interdittiva antimafia – noto strumento mediante il quale lo Stato mira a tutelare l’economia dai tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle attività di impresa – resa, in questo caso, a carico della società “R. di R. A. & c. s.a.s.”, operante nel settore dell’edilizia e degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche.
In particolare, il provvedimento interdittivo veniva adottato dal Ministero dell’Interno sulla base di una asserita contiguità della società alla criminalità organizzata in ragione del rapporto di coniugio intercorrente tra la titolare della medesima società ed un soggetto a sua volta asseritamente ritenuto legato da parentela con presunti esponenti della criminalità organizzata locale.
La società proponeva, allora, un ricorso giurisdizionale, innanzi al T.A.R. Palermo, assistita dagli avv.ti Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, al fine di ottenere l’annullamento, previa sospensiva, dell’informativa interdittiva.
In particolare, gli avvocati Rubino e Alfieri hanno dedotto l’illegittimità del provvedimento interdittivo in quanto adottato sulla scorta di un evidente difetto di istruttoria e di motivazione.
Segnatamente, secondo quanto sostenuto dai legali della società ricorrente, l’informativa di cui trattasi, lungi dal fondarsi su un articolato quadro indiziario tale da far presumere che l’impresa ricorrente fosse permeata dalla criminalità organizzata, è stata adottata esclusivamente sulla base delle risultanze, in particolare intercettazioni telefoniche ed ambientali, emerse nel corso del giudizio penale – conclusosi poi con sentenza di assoluzione – che ha visto coinvolto, tra gli altri, il coniuge della legale rappresentante dell’impresa, peraltro, non già quale soggetto direttamente partecipe ai colloqui intercettati, ma in quanto soggetto nominato da terzi.
Gli avvocati Rubino e Alfieri hanno, infine, dedotto la necessaria sussistenza, per l’emanazione di una informativa interdittiva, di elementi indiziari ulteriori che lascino presumere una attuale e concreta permeabilità mafiosa della società e che individuino, altresì, le modalità attraverso cui la criminalità organizzata condizionerebbe l’esercizio della ridetta attività, tali da giustificare le conseguenze estremamente pregiudizievoli derivanti dal provvedimento interdittivo.
Il T.A.R. Sicilia – Palermo, aderendo alle tesi esposte dagli avv.ti Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, ha ribadito la necessità di una motivazione rafforzata laddove, come nel caso di specie, l’informativa si fondi su materiale probatorio acquisito nel corso di un processo penale conclusosi con sentenza assolutoria.
Per l’effetto, i giudici amministrativi, preso atto del fatto che tale onere motivazionale non fosse stato assolto dall’Amministrazione nella vicenda in esame, hanno accolto il ricorso presentato dalla società “R. di R. A. & c. s.a.s.” con conseguente annullamento dell’informativa interdittiva.