L’emergenza coronavirus e alcuni risvolti deprecabili legati spesso all’ignoranza o ai falsi pregiudizi. Il caso di una infermiera di Lucca.
Angeli ed eroi. E’ così che chiamiamo gli operatori sanitari in questa fase di emergenza Covid-19. È questa ormai l’immagine che abbiamo nei confronti di chi sta spendendo la propria vita per salvare quella degli altri. Turni massacranti, condizioni di lavoro allo stremo delle forze e la gratitudine di chi è rimasto a casa espressa con disegni, cartelloni, gesti solidali delle famiglie da far pervenire negli ospedali. Eppure il senso di gratitudine non è poi così scontato. Una turpe vicenda è accaduta a Lucca dove Damiana Barsotti, infermiera del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Luca di Lucca, è stata trattata come untrice dai vicini di casa. La donna di 48 anni, di ritorno a casa dopo 13 ore di lavoro, trova un biglietto anonimo nella cassetta della posta con su scritto: «Grazie per il Covid che tutti i giorni ci porti in corte. Ricordati che ci sono anziani e bambini. Grazie». L’infermiera, così come si legge nell’intervista riportata dal Corriere della Sera, racconta: «Quando l’ho letto è stato come una pugnalata alla schiena, mi sono sentita tradita, intimidita, trattata come gli untori». Si è trattato di un caso isolato, e si spera rimanga tale, perché non è ammissibile che ciò avvenga in un’Italia in cui il senso civico dovrebbe prevalere sull’ignoranza. La psicosi collettiva generata dal terrore di contrarre il Covid-19, ha mandato in tilt le nostre emozioni a volte dando sfogo a comportamenti incontrollati. Ma ciò non giustifica il fatto di finire nel mirino della gente ed essere considerati come untori. Dato che in questa fase tutti potremmo essere dei potenziali untori, ciò che va rivisto è il proprio modo di agire. Si assiste da più parti di Italia, ad una inosservanza delle misure prescritte. Mancato rispetto del distanziamento sociale come spesso avviene nei supermercati; mascherine ciondolanti e un non corretto uso dei guanti. Stiamo entrando in una fase estremamente delicata, più difficile della prima: la “Fase2”, quella della convivenza con il virus. Dunque non saremo più al sicuro delle nostre mura domestiche, ma dobbiamo aprire la porta e uscire. Si ritornerà a lavoro, ritorneranno i contatti, ma con precise misure da rispettare. Occorre molta prudenza e responsabilità per non alimentare la paura nel prossimo.