Le Sezioni Unite penali della Cassazione si pronunciano sull’applicabilità della sentenza della Corte Europea di cui ha beneficiato Bruno Contrada. La risposta è no.
La Cedu, la Corte Europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo, ha appena sentenziato contro l’ergastolo ostativo applicato in Italia bocciando la non concessione dei benefici carcerari in assenza di collaborazione con la Giustizia, e già nel 2015 ha accolto il ricorso di Bruno Contrada e ha annullato la condanna da lui subita in Italia, a 10 anni di carcere per concorso esterno alla mafia, perché all’epoca della presunta condotta criminale di Contrada, prima del 1994, il reato del concorso esterno alla mafia non è stato tipizzato e previsto nel Codice penale italiano, e quindi “nulla poena sine lege”, nessuna condanna senza una legge che la preveda. Dal 2015 in poi in tanti altri casi analoghi a Bruno Contrada è stato ipotizzato di brandire come arma a difesa la sentenza ‘Contrada 2015’ della Corte Europea per i diritti umani. Ad esempio, anche al processo a carico di Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno alla mafia perpetrato prima del 1994. Ebbene, adesso la Cassazione a Sezioni penali riunite, dunque il massimo e inappellabile organo giudicante italiano, si è pronunciata espressamente sul ricorso proposto dalla difesa di Stefano Genco, 61 anni, di Marsala, anche lui condannato per concorso esterno alla mafia a 4 anni di reclusione per condotte precedenti all’ottobre del 1994 quando il reato del concorso in 416 bis è stato codificato in Italia. E la Cassazione ha escluso che la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sul caso di Bruno Contrada sia applicabile anche in casi simili nei confronti di soggetti che versino nella medesima situazione ma non abbiano vinto personalmente il ricorso alla Corte di Strasburgo. La Suprema Corte ha emesso in proposito una informazione provvisoria, e prossimamente la sentenza sarà depositata con le motivazioni. E nell’informazione provvisoria tra l’altro si legge che “La sentenza della Corte Europea per Contrada non è una sentenza ‘pilota’, e non può considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata”. Più nel dettaglio, la difesa di Stefano Genco, dopo il no della Corte d’Appello di Caltanissetta all’istanza di revisione del suo processo dopo la sentenza “Contrada”, ha interrogato la sesta Sezione penale della Cassazione, e la sesta Sezione si è rivolta alle Sezioni Unite chiedendo testualmente “se la sentenza dei giudici di Strasburgo su Contrada, secondo cui all’epoca dei fatti, tra 1979 e 1988, il reato del concorso esterno alla mafia non era sufficientemente chiaro, abbia una portata generale, estensibile nei confronti di coloro che, estranei a quel giudizio, si trovino nella medesima situazione quanto alla prevedibilità della condanna”. Il difensore di Stefano Genco, l’avvocato Stefano Giordano, commenta: “Rispettiamo la decisione della Cassazione ma riteniamo che essa violi il più elementare diritto dei cittadini, ovverosia quello all’uguaglianza e alla parità di trattamento: questioni identiche, infatti, sono state decise dal giudice italiano in maniera differente. La questione della natura consolidata della giurisprudenza Europea è stata ormai superata sia dalla nostra Corte Costituzionale, sia dalla Corte europea in più pronunce. Inevitabilmente, pertanto, non appena depositate le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione, procederemo con il deposito alla Corte Europea di ricorsi nell’interesse di Genco e di numerosi altri soggetti che si trovano nella medesima condizione, volti a denunciare la lesione del principio di uguaglianza e diverse altre violazioni convenzionali. Purtroppo, ancora una volta, lo Stato italiano non solo commette gravi violazioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo, ma le reitera, con danno rilevante per tutti i cittadini e contribuenti italiani”.