I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Agrigento sono stati impegnati oggi nella esecuzione di 7 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, firmati dalla Procura antimafia di Palermo, a carico di altrettanti indagati di, a vario titolo, associazione a delinquere di stampo mafioso e concorso esterno all’associazione mafiosa. L’inchiesta ruota intorno alla famiglia di Cosa Nostra di Licata, che sarebbe assurta a punto di riferimento anche per altri clan mafiosi di altre province siciliane. In tale contesto di collaborazione tra le famiglie di Cosa Nostra di varie province, sono emerse, come documentato dai Carabinieri, delle infiltrazioni criminali in rilevanti attività imprenditoriali nell’Agrigentino. I 7 sottoposti a fermo sono: Giovanni Lauria, 79 anni, inteso “il professore”, suo figlio, Vito Lauria, 49 anni, Angelo Lauria, 45 anni, Giacomo Casa, 64 anni, Giovanni Mugnos, 53 anni, Raimondo Semprevivo, 47 anni, e Lucio Lutri, 60 anni. Al vertice della famiglia licatese indagata vi sarebbe Giovanni Lauria, “il professore”, il quale, oltre a pianificare e coordinare le attività locali, avrebbe mantenuto collegamenti con esponenti di altre famiglie di Cosa Nostra della Sicilia Orientale, al fine soprattutto di infiltrare le iniziative imprenditoriali. Nel corso delle indagini sono emersi, in particolare, collegamenti con il boss Salvatore Seminara, ritenuto a capo della famiglia di Caltagirone, e in contatto con il clan Lauria al fine di infiltrare i lavori di costruzione di un complesso turistico alberghiero e di demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata.
Seminara, peraltro, è attualmente sotto processo perché ritenuto al vertice della famiglia mafiosa di Caltagirone e mandante di un duplice efferato omicidio commesso il giorno di Pasqua del 2015 a Raddusa, in provincia di Catania.
Lo stesso Giovanni Lauria, insieme al figlio Vito, si sarebbero inseriti, come “Maestri venerabili”, in due logge massoniche, avvalendosi, tra l’altro, dei rapporti con Lucio Lutri, insospettabile funzionario della Regione Siciliana già – come accertato dai Carabinieri – “Maestro Venerabile” di una loggia massonica con sede a Palermo. Lutri avrebbe sistematicamente reso a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni.
La particolare considerazione che gli uomini d’onore di Licata hanno riposto sulle potenzialità di Lucio Lutri e dei suoi rapporti altolocati è testimoniata da Giovanni Mugnos e Angelo Lauria che, nel commentare l’efficacia dell’intervento di Lutri per risolvere alcuni problemi dello stesso Mugnos, si sono manifestati d’accordo sulla concreta utilità di Lutri a loro garanzia. Altra testimonianza della sinergia tra Lucio Lutri e la famiglia mafiosa di Licata è una conversazione intercettata, in cui Lucio Lutri, rivolgendosi a Giovanni Mugnos, ha affermato compiaciuto: “Ma chi minchia ci deve fermare più?”.
Giovanni Lauria, già condannato per associazione mafiosa con sentenza definitiva, è stato inoltre riferimento a Licata dell’ex capo di Cosa nostra agrigentina, Giuseppe Falzone. Così come emerso dalla registrazione di alcuni colloqui da parte dei Carabinieri in un magazzino adibito a sede di riunioni tra gli associati, Giovanni Lauria sarebbe stato impegnato, insieme al presunto capomafia di Licata, Angelo Occhipinti, già arrestato dai Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Assedio”, di unire i due rispettivi gruppi e ricompattare la famiglia mafiosa di Licata al fine di aumentarne il potere criminale.