Una giornata di sole. Primavera davvero il 4 aprile del 1992. Poco dopo le ore 14. Tanti curiosi assiepati lungo la carreggiata del viadotto “Morandi”. E’ il tratto finale, che sfocia sulla statale 115, verso Porto Empedocle…I Carabinieri sono a lavoro, impegnati nei rilievi di quanto accaduto… …In cielo vola l’elicottero dell’Arma…Joseph Focoso, Giuseppe Fanara e Calogero Castronovo sono già a casa. Loro due, Focoso di Realmonte e Fanara di Santa Elisabetta, hanno appena ucciso il “Mastino”, così è stato inteso il Maresciallo Maggiore “Aiutante” originario di Menfi, sparandogli con una pistola 357 magnum e un fucile kalashnikov. Calogero Castronovo, di Agrigento, è stato il loro autista, su di un furgone bianco rubato a Favara, che ha affiancato la Fiat Ritmo del maresciallo, eccola…Lui, Alfonso Falzone, di Porto Empedocle, a bordo del suo “Vespone” ha seguito l’automobile di Giuliano Guazzelli, dalla Caserma di Agrigento fino alla via Dante, all’incrocio col viadotto “Morandi”. Un cenno ai killer, “è lui”, e dopo pochi minuti l’agguato e la morte, sentenziata dal boss e capo provincia di Cosa nostra agrigentina dell’epoca, Salvatore Fragapane, di Santa Elisabetta, su richiesta di Simone Capizzi, capomafia di Ribera, perché le indagini di Guazzelli lo avrebbero disturbato. Gerlandino Messina, di Porto Empedocle, è stato presente e partecipe, a poca distanza, in contrada Maddalusa. Dopo il delitto, le armi le hanno consegnate a lui, e lui le ha nascoste nei pressi della “Villa Forgia” di quel tempo. Poi, dopo pochi giorni, le hanno recuperate Joseph Focoso e lui, Gaetano Amodeo, di Cattolica Eraclea, l’unico ad oggi morto per cause naturali. Il furgone bianco dei killer fu parcheggiato apposta al Villaggio Mosè, in direzione Palma di Montechiaro, e così per anni è stato creduto che a uccidere Guazzelli fossero stati gli “stiddari” di Palma di Montechiaro, processati, poi condannati, e poi scagionati. Una settimana dopo l’uccisione di Giuliano Guazzelli, Fanara, Castronovo, Falzone e Focoso sono stati formalmente “combinati”, affiliati a Cosa nostra. Ecco il carro funebre e la bara del Carabiniere servitore dello Stato e vittima del dovere, pioniere e memoria storica della lotta alla mafia agrigentina, che due giorni dopo la morte, il 6 aprile, avrebbe compiuto 59 anni. “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”, parole di Paolo Borsellino.