Braccio di ferro a Palermo tra sindaco, ufficio anagrafe e sindacati sulle richieste di residenza degli stranieri. Orlando valuta ancora il ricorso costituzionale.
E’ caos a Palermo, all’Ufficio Anagrafe del Comune, in viale Lazio, già teatro della strage mafiosa del 10 dicembre 1969. Due giorni addietro il capoarea Maurizio Pedicone ha rassicurato che avrebbe adempiuto alla disposizione del sindaco Orlando di procedere all’iscrizione nel registro dei residenti degli stranieri richiedenti asilo o con permesso di soggiorno umanitario scaduto, non applicando il decreto “Sicurezza” convertito in legge dal Parlamento. Adesso, invece, la rotta della navigazione dello stesso Ufficio ha subito dei mutamenti. Infatti, i dipendenti dell’Anagrafe sono preoccupati di conseguenze giudiziarie perché non applicare una legge approvata da Camera e Senato e promulgata dal presidente della Repubblica è un reato. Ed il sindaco Leoluca Orlando ha annunciato: “Ok, non vi preoccupate voi, le richieste di residenze le firmo io”. Ciò però non sarebbe sufficiente: infatti, ancora i dipendenti temono che anche istruire le richieste di residenza, che poi sarebbero firmate dal sindaco, li esporrebbe a responsabilità penali. E i sindacati sono d’accordo con i dipendenti comunali. Il segretario del sindacato Csa Palermo, Nicola Scaglione, ribadisce: “Il sindaco se vuole assumersi in pieno la responsabilità deve non solo firmare ma anche lavorare le pratiche. Abbiamo esperienza di colleghi che hanno avuto grane giudiziarie solo per aver inserito nel sistema una pratica ritenuta poi illegittima. Nessuno si rifiuta a priori di eseguire le disposizioni del sindaco, ma questa confusione è inaccettabile e rischia di esporre i singoli. Chiediamo agli organismi competenti, a cominciare da Orlando, di fare una disposizione chiara”. Nel frattempo, a fronte di cotanta fibrillazione, lo staff del sindaco Orlando è impegnato a valutare ciò che sarebbe l’unica soluzione prospettata già da parecchi giorni, ovvero il ricorso del sindaco Orlando al giudice civile, al quale manifestare i suoi dubbi sulla costituzionalità del decreto “Sicurezza” confidando che poi sia il giudice, che è il solo legittimato, ad investire la Corte Costituzionale della questione. Del resto il sindaco Orlando ha più volte ritenuto di non volere assurgere a ribelle e disubbidiente, ma di volere invece utilizzare lo strumento che l’ordinamento italiano gli rende a disposizione, l’interrogazione al giudice. Lo utilizzi, ed al più presto.