Trasfusione di sangue infetto all’ospedale di Agrigento nel 1984 e morte del malcapitato: ai familiari oltre 1 milione e 400mila euro. I dettagli.
Nel 1984 ad Agrigento all’ospedale “San Giovanni di Dio”, all’epoca in via Giovanni 23esimo, sono state compiute delle trasfusioni di sangue. E il sangue è stato infetto. E un agrigentino ha contratto l’epatite C. M F, sono le iniziali del nome del malcapitato, 22 anni dopo, nel 2006, ha scoperto di essere affetto dal virus dell’epatite C, grave infezione del fegato. Infatti, l’infezione è spesso asintomatica, non ci si accorge di essa, e la cronicizzazione provoca la cicatrizzazione del fegato, poi la cirrosi, che si rende evidente dopo molti anni, e poi, in alcuni casi, la cirrosi epatica provoca insufficienza epatica e il cancro del fegato. Dunque, nel 2006 al signor M F è stata diagnosticata l’epatite al fegato, e lui ha bussato alla porta dello studio legale degli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello. E hanno citato in Tribunale il Ministero della Sanità, ritenuto responsabile di omessa vigilanza sulla salubrità del sangue, per ottenere il risarcimento dei danni. Nel giugno del 2011 il Tribunale di Palermo ha emesso la sentenza di primo grado e ha condannato il Ministero della Sanità a risarcire a favore del signor M F 434mila euro, come danno non patrimoniale, oltre interessi. Però, nel frattempo, l’epatite C ha proseguito il suo percorso infausto: le condizioni di salute di M F sono peggiorate, l’epatite C è degenerata in cirrosi epatica, e poi in tumore al fegato. E nel 2013, dopo un estenuante calvario, M F è morto, all’età di 69 anni. I familiari hanno bussato una seconda volta alla porta dello studio legale Farruggia e Russello, e hanno citato in giudizio ancora lo Stato rivendicando ulteriore e maggiore risarcimento per la morte del loro congiunto stroncato da un epato-carcinoma. Il Tribunale di Palermo, accogliendo ancora una volta le tesi sostenute dai difensori, ha condannato il Ministero della Sanità, riconosciuto responsabile di omicidio colposo e difeso dall’Avvocatura di Stato, al pagamento a favore dei familiari di un ulteriore risarcimento, 1 milione e 400 mila euro. L’avvocato Angelo Farruggia commenta: “Tale precedente giurisprudenziale è destinato ad assumere particolare rilevanza nel panorama giurisprudenziale nazionale, poiché, nell’ambito del contrasto giurisprudenziale esistente sul punto, ha affermato che: ‘qualora lo stesso fatto doloso o colposo determini, dopo un primo evento lesivo per il quale vi è già stata liquidazione dei danni con sentenza, ulteriori conseguenze pregiudizievoli, nel caso in cui le stesse non costituiscano un mero sviluppo del danno già insorto, ma, per gravità, integrino nuove ed autonome lesioni’, al danneggiato va liquidato il danno differenziale sottraendo dalla somma spettante per le lesioni sopravvenute e più gravi, la somma già liquidata per le lesioni meno gravi”.