Tra i beni per 150 milioni di euro sequestrati a fine di confisca a Mario Ciancio anche il quotidiano “La Sicilia” e le tv “Telecolor” e “Antenna Sicilia”. La replica.
La sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania ha risposto sì alla Procura antimafia etnea e ha firmato un decreto di sequestro e confisca di beni dell’editore e direttore del quotidiano “La Sicilia”, Mario Ciancio Sanfilippo. Tra le motivazioni si legge: “Fondi non giustificati nelle società”. E poi: “Sproporzioni fra entrate e uscite”. Il valore di quanto è stato sigillato ammonta a circa 150 milioni di euro, e i giudici del Tribunale hanno sequestrato anche il giornale “La Sicilia”, nonostante la Procura di Catania non lo avesse compreso nell’elenco della roba da sigillare pur ravvisando delle irregolarità nei bilanci. E oltre “La Sicilia” sono state sequestrate anche la maggioranza delle quote della “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari e due emittenti televisive regionali siciliane, “Antenna Sicilia” e “Telecolor”. Tuttavia, il Tribunale ha nominato degli amministratori giudiziari per garantire la prosecuzione delle attività. E poi, ancora, catenacci a conti correnti, polizze assicurative, 31 società, beni immobili e quote partecipative di altre 7 aziende. Le indagini sono state delegate ai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Catania. Mario Ciancio è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa e l’indagine parallela che ha provocato il rastrellamento dei beni ha ricostruito, tramite una società internazionale di revisione di bilanci e consulenza legale incaricata dalla Procura di Catania, tutte le evoluzioni del patrimonio dell’imprenditore catanese dal 1979 al 2014. La richiesta di sequestro e confisca, firmata il 10 luglio del 2017 dai sostituti procuratore Antonino Fanara e Agata Santonocito, è frutto dell’analisi di circa 1.500 bilanci da cui sarebbero emerse delle sproporzioni nelle casse delle società di Ciancio, per l’ingresso di capitali non bene identificati. E Mario Ciancio replica: “Nell’ambito del procedimento di prevenzione a mio carico ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi, e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto. Faremo appello”. Ed il presidente commissione regionale antimafia, Claudio Fava, propone: “Il sequestro del quotidiano ‘La Sicilia’ nei confronti di Mario Ciancio diventi l’occasione per ribaltare la storia opaca di quel giornale e della sua direzione. Se vi sarà confisca, si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio e della solitudine. Togliere non basta: occorre restituire ai siciliani il diritto a un’informazione libera, autonoma, coraggiosa. Lo pretende anche il rispetto dovuto agli otto colleghi uccisi dalla mafia e dai suoi innominabili protettori per aver difeso quel diritto contro ogni conformismo”.