Lettera di minacce di morte e proiettile recapitati al procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio. Indaga la Procura di Caltanissetta.
Al quinto piano del palazzo di giustizia di Agrigento in via Mazzini vi è l’ufficio del Procuratore. E una busta è stata recapitata al Procuratore, Luigi Patronaggio. Da dentro è saltato fuori un proiettile da guerra e una lettera con minacce di morte. “Zecca, sei nel mirino” è stato scritto con un pennarello nero. E poi il simbolo di Gladio, una organizzazione paramilitare e parallela, con connotazioni politiche di estrema destra, che in Italia durante gli anni della guerra fredda ha operato clandestinamente a difesa del fronte atlantico contro lo spettro dell’invasione sovietica. La Procura di Caltanissetta, che è competente in tali casi, indaga, ed ha delegato Carabinieri e Polizia. Ed il procuratore di Caltanissetta, Amedeo Bertone, commenta: “C’è una spirale che si innesca quando si alzano i toni. Bisogna evitare di farlo perché c’è sempre in giro un pazzo che rischia di entrare in azione”. In Prefettura ad Agrigento si è riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica al fine di potenziare la tutela intorno al magistrato bersaglio della grave intimidazione. Luigi Patronaggio è stato recentemente alla ribalta della cronaca internazionale. E’ stato lui a firmare ed eseguire personalmente il decreto di ispezione a bordo della nave “Diciotti” ancorata a Catania. E’ stato lui a recarsi a Roma ad interrogare alcuni funzionari del ministero dell’Interno e poi ad iscrivere nel registro degli indagati il ministro Matteo Salvini e il capo di gabinetto Matteo Piantedosi per cinque ipotesi di reato legate alle gestione del caso “Diciotti”. E’ stato lui a trasmettere gli atti dell’inchiesta, come secondo prassi, alla Procura di Palermo affinchè fossero poi trasferiti al Tribunale dei ministri. Ciò nonostante Luigi Patronaggio ha mantenuto un basso profilo, come da sempre nel suo carattere: mai un commento e nessuna replica alla valanga di polemiche scatenata da quanto accaduto e alle dichiarazioni del ministro Salvini. Lui, Patronaggio, 60 anni di età e tre figli, lavora e si rapporta solo con i codici delle leggi che la Costituzione Repubblicana gli impone di applicare “in nome del popolo sovrano”. Nel suo bagaglio di esperienze vi sono le inchieste sull’omicidio di don Pino Puglisi, sui rapporti tra la mafia e Marcello Dell’Utri, la mancata perquisizione del covo di Riina e la trattativa Stato-mafia all’epoca delle stragi. Patronaggio è stato, come lui stesso si è definito, “un amico dell’ultima ora” di Falcone e Borsellino, perché lavorò insieme a loro negli ultimi anni di vita. Dal 1999, da presidente della Corte d’Assise di Agrigento, Patronaggio ha giudicato gli imputati del maxi processo “Akragas” alla mafia agrigentina. E ha sentenziato 21 ergastoli confermati poi in Cassazione. Numerosi e unanimi sono gli attestati di solidarietà a Luigi Patronaggio. Tra i tanti ecco l’intervento del ministro Salvini: “Solidarietà al Procuratore Patronaggio. In un Paese civile e democratico certe intimidazioni non possono essere né accettate né sottovalutate”.