I dettagli dell’inchiesta sull’emergenza rifiuti dell’estate 2016 in cui è indagato l’ex presidente della Regione, Crocetta. Indagini concluse per dodici.
Nell’ambito dell’inchiesta sull’emergenza rifiuti dell’estate 2016 – quando, tra l’altro, tanti Comuni della Sicilia occidentale, come Agrigento, furono obbligati a trasportare i rifiuti nelle discariche della Sicilia orientale, con pesante aggravio di spese – l’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini dalla Procura di Catania, firmato dal procuratore aggiunto Carmelo Petralia. E insieme a Crocetta anche ad altri 11 indagati è stato notificato lo stesso provvedimento, tra cui gli imprenditori Antonino e Carmelo Paratore, e Maurizio Pirillo, ex dirigente del Dipartimento regionale dei rifiuti, oggi all’Agenzia per l’innovazione tecnologica. Le indagini ruotano intorno alla gestione della discarica di Melilli, in provincia di Siracusa. L’impianto è di proprietà della società Cisma degli stessi imprenditori Antonino e Carmelo Paratore, che sono padre e figlio. Agli interessati sono contestati, a vario titolo, i reati di abuso d’ufficio, violazione delle norme ambientali e falso. E perché? Perché nella discarica di Melilli sarebbe stata smaltita molta più spazzatura di quanto fosse possibile, violando le norme a difesa dell’ambiente. E perché è accaduto? Perché Crocetta nel luglio del 2016 firmò un’ordinanza che ha autorizzato la società Cisma ad accogliere nella sua discarica i rifiuti in eccesso frutto dell’emergenza in corso. E così a Melilli giunsero 34mila tonnellate di rifiuti e gli imprenditori Paratore incassarono 2milioni e 800 mila euro: ed ecco l’abuso d’ufficio, ossia l’avere procurato un ingiusto vantaggio abusando dei propri poteri. Il tutto, secondo la Procura catanese, sarebbe stato ricamato con documenti falsi affinchè l’intera procedura apparisse regolare: ed ecco il falso. Già nel 2013 i tecnici dell’Arpa protezione ambiente e i Carabinieri del Noe, il Nucleo ecologico, denunciarono delle anomalie nelle attività sulla discarica siracusana. Tali denuncie non furono recepite da coloro che avrebbero dovuto: ed ecco perché tra gli indagati odierni vi è anche Mauro Verace, all’epoca a capo dell’ufficio Autorizzazioni del dipartimento Acque e rifiuti della Regione Sicilia. Nel frattempo, i Paratore hanno ottenuto l’ok all’ampliamento della discarica, grazie ad una sentenza del Cga, il Consiglio di giustizia amministrativa, nell’occasione presieduto da un giudice attualmente in pensione e indagato a Palermo perché ricorre il sospetto che alcune sue sentenze siano state pilotate.