Esplode la “guerra dei ricorsi” tra Procura di Palermo e Tribunale del Riesame nell’ambito dell’inchiesta “Montagna” nell’Agrigentino. I dettagli.
Il 22 gennaio scorso è stato il giorno della maxi operazione antimafia nell’Agrigentino cosiddetta “Montagna”, perché i Carabinieri imperversarono nel mandamento della “Montagna”, ossia nell’entroterra montanaro della provincia. Nel corso del tempo successivo, il Tribunale del Riesame ha accolto i ricorsi dei difensori degli indagati, e ha annullato 28 dei 63 arresti del blitz “Montagna”. Nel motivare l’annullamento, il collegio dei giudici componenti la sezione del Riesame, Giuliano Castiglia, Lorenzo Iannelli ed Emilio Alparone, ha rilevato carenza di motivazione nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Filippo Serio. E in alcuni casi, l’annullamento sarebbe stato deciso perché lo stesso giudice per le indagini preliminari, nella sua ordinanza di arresto, si sarebbe limitato a ripetere parti della richiesta di arresto da parte della Procura di Palermo, come se avesse usato il “copia e incolla”, anziché procedere, come impone il codice, ad una disamina critica e logica di quanto richiesto dai magistrati inquirenti. Tuttavia, la Procura di Palermo, sconfessata dal Tribunale del Riesame, ha utilizzato lo strumento di cui ha facoltà per replicare e controbattere: il ricorso in Cassazione contro il verdetto del Tribunale del Riesame che ha annullato gli arresti. E così è stato: i pubblici ministeri titolari dell’inchiesta “Montagna”, Claudio Camilleri, Calogero Ferrara e Alessia Sinatra, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, hanno bussato alla porta della Cassazione, lamentando la scarcerazione di – hanno scritto – “tanti pericolosi uomini di Cosa nostra, in una terra dove si spara e si uccide”. Nel frattempo, non solo il giudice per le indagini preliminari ma anche il Tribunale del Riesame è stato investito dal sospetto che, nel motivare le scarcerazioni, avesse usato allo stesso modo il “copia e incolla”. E ciò è rilevato dalla Procura di Palermo che nel ricorso contro le scarcerazioni di Vincenzo Cipolla di Favara e Angelo Di Giovanni di San Biagio Platani, difesi dagli avvocati Giuseppe Barba e Giovanni Castronovo, scrive: “Paradossalmente, quella stessa tecnica motivazionale che il Tribunale imputa al Gip come viziata, lo stesso organo giudicante la segue pedissequamente. Infatti, le ordinanze del Riesame, chiunque sia il relatore o il collegio, sono redatte sostanzialmente in fotocopia”. Dunque, è esplosa una sorta di “guerra dei ricorsi”, e la Procura generale della Cassazione, competente a dirimere controversie interne alla magistratura, si è già rivolta alla Procura generale di Palermo per “chiarimenti”.