Si tratta di una delle voragini finanziarie più profonde della storia dell’economia siciliana. A 21 anni dalla dichiarazione di insolvenza per 3mila miliardi delle vecchie lire, cinque ex amministratori della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane sono stati condannati con sentenza definitiva dalla Cassazione, che ha confermato, dichiarando inammissibili i ricorsi dei difensori, le sentenze emesse dai giudici di Palermo. Sono stati inflitti 6 anni e 10 mesi di reclusione ciascuno, con l’applicazione dell’indulto e quindi con una riduzione di 3 anni, agli ex componenti del Consiglio di Amministrazione, Francesco Mormino, Pompeo Oliva e Marcello Orlando, e all’ex componente del collegio sindacale Gianni Lapis, che non beneficia dell’indulto perché già condannato al processo sui patrimoni di Vito Ciancimino. E poi 5 anni sono stati inflitti ad Antonio Mosto, ex direttore della sede di Catania. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane avrebbe concesso enormi fidi ed extrafidi e scoperture scriteriate a imprenditori già esposti per centinaia di miliardi di lire, provocando poi una grave e irrimediabile sofferenza della banca. La Cassa di Risparmio nel suo settore è stata la seconda in Italia, dopo la lombarda Cariplo, e in Sicilia è stato il maggiore istituto di credito dopo il Banco di Sicilia, che la inglobò dopo la crisi, per essere poi a sua volta assorbito da Unicredit.