HomeCronacaIl Tar condanna la Soprintendenza di Agrigento

Il Tar condanna la Soprintendenza di Agrigento

La signora C.M., sono le iniziali del nome, di 52 anni, di Favara, è proprietaria di un fabbricato ad Agrigento, in località San Leone, ricadente nella zona A di cui al DM 16/5/68. Il fabbricato è realizzato in epoca antecedente all’apposizione del vincolo, giusta licenza edilizia rilasciata dal Comune di Agrigento. L’immobile in questione è stato oggetto di alcuni interventi edilizi, senza aumento di volume e di altezze, da parte della madre della signora C.M., per i quali è stata rilasciata la compatibilità paesaggistica dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento. Successivamente il Comune di Agrigento ha rilasciato le concessioni edilizie in sanatoria per i detti interventi edilizi. Orbene, l’edificio in questione, in ragione della vetustà, richiede urgenti interventi di ripristino degli intonaci esterni, ed un intervento di manutenzione delle coperture. Pertanto la signora C.M. presentava al Comune di Agrigento una richiesta di permesso di costruire per eseguire opere di manutenzione straordinaria sull’immobile, che non alterano nè il volume nè l’altezza. Al contempo la signora C.M. richiedeva alla Soprintendenza di Agrigento il rilascio del nulla osta per l’esecuzione dei predetti lavori di manutenzione straordinaria. La Soprintendenza richiedeva in via istruttoria la trasmissione di alcuni elaborati. Prontamente la ditta trasmetteva gli elaborati richiesti, ma, perdurando l’inerzia della Soprintendenza, la signora C.M. comunicava l’avvenuta formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di nulla osta paesaggistico. Alcuni mesi dopo il Comune di Agrigento comunicava alla signora C.M. che la Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento con apposita nota (mai trasmessa alla ditta ) aveva diffidato la ditta a non intraprendere i lavori senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza, con la precisazione che nella zona A della Valle dei Templi non trova applicazione l’istituto del silenzio assenso. E pertanto l’esame della pratica veniva sospeso fino all’acquisizione dell’autorizzazione della Soprintendenza BB.CC.AA. A questo punto la proprietaria dell’immobile si è rivolta agli avvocati Girolamo Rubino e Vincenzo Airò per la proposizione di un ricorso giurisdizionale davanti al Tar Sicilia contro la Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento per l’annullamento, previa sospensione, della diffida a non intraprendere i lavori afferenti la ristrutturazione edilizia del fabbricato sito in Agrigento, località San Leone, nonchè per l’accertamento della formazione del silenzio assenso sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica avente ad oggetto la detta ristrutturazione edilizia. In particolare gli avvocati Girolamo Rubino e Vincenzo Airò hanno citato un precedente giurisprudenziale dello stesso Tar Sicilia secondo cui “le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico o su immobili di interesse storico-artistico sono rilasciate o negate dalle competenti Soprintendenze entro il termine perentorio di 120 giorni. Le competenti Soprintendenze possono interrompere il termine di 120 giorni solamente una volta per la richiesta di chiarimenti o integrazioni. Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici avranno l’obbligo entro i successivi sessanta giorni di esprimere un proprio parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra il parere si intende reso in senso favorevole”: donde l’illegittimità della diffida impugnata, adottata ben oltre i termini normativamente imposti. Il TAR Sicilia Palermo, Sezione Prima, condividendo la censura inerente l’intervenuta formazione del silenzio assenso sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica, ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, condannando la Soprintendenza di Agrigento al pagamento delle spese giudiziali inerenti la fase cautelare. Pertanto, per effetto della pronunzia cautelare resa dal TAR, la signora C.M. potrà intraprendere l’intervento di ristrutturazione edilizia del fabbricato di sua proprietà, mentre la Soprintendenza pagherà le spese giudiziali afferenti la fase cautelare.

L’avvocato Girolamo Rubino

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