Le telecamere di video-sorveglianza a Cattolica Eraclea – i cui filmati sono stati consegnati dai commercianti titolari – il 6 dicembre del 2015, al tardo pomeriggio, in via Crispi e dintorni, hanno registrato non solo il movimento di presunto appostamento e pedinamento di Gaetano Sciortino verso il laboratorio artigianale di Giuseppe Miceli, che si è protratto oltre 3 ore, ma anche lo stesso Sciortino che, dopo avere posteggiato la sua automobile Fiat Punto nera, si avvia a piedi verso il laboratorio e poi rientra nella sua automobile con in mano una valigetta. Gli investigatori ritengono che all’interno della valigetta vi fossero delle punte di trapano, poi ritrovate successivamente in campagna dove le avrebbero distrutte e disperse i figli dell’operaio edile Gaetano Sciortino. E lui, Sciortino, nel corso delle indagini, avrebbe risposto ammettendo il possesso della valigetta e di averla con sé perchè casualmente trovata in strada. Tale particolare investigativo sarebbe strumentale ad ipotizzare il movente della rapina in mancanza, al momento, di altri perché all’uccisione dell’anziano artigiano cattolicese. Infatti, le punte di trapano sono dotate di un numero di serie, che consente di risalire al proprietario che, nel caso specifico, è risultato essere Giuseppe Miceli. Nel frattempo, alcuni familiari della vittima, scrivendo su Facebook, hanno ringraziato pubblicamente per il lavoro svolto i Carabinieri di Cattolica Eraclea, di Agrigento e del Ris di Messina, che hanno raccolto il prezioso indizio dell’impronta della scarpa dell’assassino. E hanno invocato una condanna molto severa a carico di colui o coloro che si dovessero rivelare responsabili. E poi hanno sottolineato: “Giuseppe era un uomo buono, onesto, generoso e un validissimo artigiano del marmo. Non meritava di essere massacrato da mostri”. Dall’autopsia è emerso che il 67enne marmista è stato ucciso in modo efferato e crudele, colpito da oggetti contundenti, tra un piatto di marmo, un booster e due motorini per autoclave. Gaetano Sciortino, 53 anni, è recluso nel carcere “Petrusa” ad Agrigento. Ha nominato come difensore l’avvocato Santo Lucia. Nel pomeriggio di oggi l’interrogatorio di garanzia, innanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, e alla sostituto procuratore, Silvia Baldi, che ha coordinato l’inchiesta.