La Commissione antimafia a lavoro per inasprire il 41 bis, anche a fronte di quanto emerso dalla maxi operazione di ieri a Palermo. L’intervento della Colosimo.
La Commissione parlamentare antimafia è a lavoro per rendere più coercitiva, limitativa, l’applicazione del 41 bis. E poi si intende modificare l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, ovvero ripristinare il divieto, cancellato nel 2022, di concedere benefici penitenziari ai condannati per mafia o terrorismo a meno che non collaborino con la giustizia. La presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, spiega: “L’obiettivo è quello di un potenziamento degli strumenti legislativi a disposizione, per attuare un taglio netto e radicale di quel cordone ombelicale tra detenuti e famiglie criminali di riferimento, e per evitare pericolose derive interpretative che possano condurre nuovamente a situazioni analoghe. Come appare in tutta chiarezza dall’operazione a Palermo di ieri con oltre 180 arresti per mafia, la necessità di recidere il legame tra i soggetti detenuti e quelli in libertà rimane di primaria importanza” – conclude. L’iniziativa della Commissione segue la recente decisione della Cassazione che ha annullato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Roma l’atto di proroga del 41 bis per Giovanni Riina, figlio dell’ex capo di Cosa Nostra Totò, condannato all’ergastolo. E’ stato arrestato nel 1996 e dal 2002 è sottoposto a quanto previsto dal regime del 41 bis. Il Tribunale di Sorveglianza lo scorso giugno ha giudicato corretta la proroga del carcere duro per Giovanni Riina, allorchè l’associazione mafiosa è ancora attiva nel territorio di Corleone e mancano segnali di effettivo ravvedimento del detenuto, a fronte anche di una condotta carceraria non sempre regolare. Da ciò deriva la perdurante capacità di Riina di relazionarsi con soggetti esterni al circuito detentivo.