Amrou Al-Kadhi debutta alla regia con Layla, un film che si erge come un manifesto vibrante dell’identità queer contemporanea, intrecciando narrazione personale e universale con un tocco visionario. Nato a Londra nel 1990 e di origine irachena, Al-Kadhi si identifica come queer e non binario. Cresciuto in una famiglia musulmana conservatrice tra Dubai, Bahrain e Regno Unito, ha studiato all’Eton College e si è laureato in Storia dell’Arte all’Università di Cambridge. Durante gli anni universitari, ha creato il personaggio drag Glamrou e fondato il gruppo musicale-comico drag Denim, esibendosi in vari spettacoli.
Al-Kadhi ha già dimostrato la propria poliedricità artistica come attore, scrittore e performer drag. Il suo memoir Life as a Unicorn: A Journey From Shame to Pride and Everything In Between del 2019, premiato con il Somerset Maugham Award, racconta la sua complessa esperienza di riconciliazione tra identità queer e religione islamica. Questi temi trovano risonanza profonda in Layla, un’opera che esplora i conflitti interiori ed esteriori dell’essere queer in un contesto culturale e sociale divisivo.
La storia segue Layla (interpretata da Bilal Hasna), una drag queen non binaria britannico-palestinese che si muove tra le aspettative di una comunità queer in evoluzione, le rigide norme di genere della famiglia e una relazione complessa con Max (Louis Greatorex), un marketing manager di un’azienda di food. Attraverso una lente estetica ricca e un ritmo narrativo deliberato, il film esplora i conflitti interiori ed esteriori dell’essere queer in un contesto culturale e sociale che spesso rimane divisivo.
Il momento più basso di Layla arriva durante uno spettacolo diurno per una grande azienda che cerca di appropriarsi della cultura queer e del “pride” per scopi di marketing. Questo evento si conclude in un caos catastrofico, ma è anche il momento in cui Layla incontra Max, un impiegato in giacca e cravatta che abbandona impulsivamente il lavoro per seguirla in un club. La loro relazione appassionata, ma segreta, si sviluppa rapidamente, con Layla consapevole che il dolore è sempre dietro l’angolo poiché Max non ha ancora affrontato pienamente la propria identità.
Max, interpretato da Louis Greatorex, è ritratto come un personaggio complesso: imbarazzante e a disagio nei contesti queer, persiste nel mettere in discussione aspetti fondamentali dell’identità di Layla, come i loro pronomi. Questo culmina in una scena tesa in cui Max invita Layla a casa sua per incontrare la sua famiglia. Sebbene il gesto di Max sia animato da buone intenzioni, la tensione emerge quando non riesce ad accettare apertamente il lavoro di Layla come drag queen, preferendo definirla comica. Questa scelta narrativa mette in luce non solo le insicurezze di Max ma anche la determinazione di Layla a non nascondere più chi è veramente.
La regia di Amrou Al-Kadhi dimostra una buona padronanza per un’opera prima, oscillando tra un realismo intimo e momenti quasi onirici che celebrano l’estetica drag. Il ritmo narrativo è deliberato, alternando sequenze lente che scandagliano l’interiorità di Layla a momenti di esplosione visiva durante le esibizioni drag. Al-Kadhi costruisce un mondo che è al contempo familiare e alienante, dove la tensione tra la vita privata e pubblica del protagonista si riflette in scelte stilistiche come i cambiamenti di luce, l’uso di specchi e la frammentazione del campo visivo.
Le scelte visive sottolineano il tema centrale del film: la ricerca dell’identità. La regia non si limita a osservare i personaggi, ma li immerge in un universo visivo che amplifica le loro emozioni. In alcune sequenze, come durante una discussione cruciale tra Layla e Max, la camera è statica, accentuando la tensione emotiva. In altre, si muove fluida e libera, seguendo Layla sul palco in momenti che diventano una celebrazione della libertà artistica e personale.
Bilal Hasna offre una performance che è insieme potente e vulnerabile, incarnando con autenticità le contraddizioni e le complessità di Layla. La loro capacità di trasmettere emozioni attraverso sguardi e silenzi aggiunge profondità a un personaggio già stratificato dalla sceneggiatura. La chimica tra Hasna e Greatorex è palpabile, ma il film non teme di mettere a nudo le tensioni che alla fine porteranno al loro inevitabile distacco. Tuttavia, la sceneggiatura lascia con la sensazione che la complessità del dolore di Max non sia stata esplorata a fondo.
Gli attori secondari contribuiscono a creare un universo credibile, con interpretazioni che oscillano tra il supporto e la sfida per il protagonista. Ogni personaggio sembra esistere oltre la narrazione principale, contribuendo alla sensazione di una comunità viva e respirante.
La sceneggiatura affronta temi complessi come l’identità di genere, le aspettative culturali e la dinamica di potere all’interno delle relazioni. Sebbene vari dialoghi siano incisivi e appropriati, in alcuni punti la narrazione perde un po’ di slancio, sacrificando la fluidità per approfondire temi già ampiamente trattati. Nonostante ciò, la forza drammatica del film risiede nella sua onestà emotiva e nella volontà di esplorare territori inesplorati.
Uno dei punti forti della sceneggiatura è il modo in cui utilizza le performance drag come metafora visiva per la trasformazione personale. Questi momenti non solo aggiungono spettacolarità, ma fungono anche da catalizzatori emotivi, rivelando le vulnerabilità e le forze di Layla.
La fotografia cattura il mondo di Layla con un’estetica vibrante. L’uso del colore è efficace: tonalità calde dominano le sequenze intime, mentre luci al neon e colori accesi trasformano le performance drag in esperienze a tratti psichedeliche. I costumi e la scenografia arricchiscono il contesto narrativo e visivo.
La colonna sonora gioca un buon ruolo nella costruzione dell’atmosfera del film. Con una miscela di brani originali e classici queer, la musica accompagna le emozioni dei personaggi e amplifica l’impatto delle sequenze visive. Particolarmente degna di nota è la scelta dei brani durante le performance drag.
Layla mette in scena una rappresentazione autentica della comunità queer, evitando stereotipi e presentando personaggi sfaccettati. Nel contesto del cinema queer contemporaneo, il film si posiziona come un’opera che celebra la diversità senza ignorare le sfide che la accompagnano. Rispetto a lavori simili, Layla si distingue per la sua estetica audace e il suo approccio intimo ai temi universali dell’amore e dell’identità.
Il film soffre di varie debolezza. Alcune sottotrame rimangono irrisolte, il ritmo narrativo può risultare diseguale in alcuni punti, e la sceneggiatura potrebbe beneficiare di una maggiore coesione tematica per evitare ridondanze. Difetti che indeboliscono non poco
Layla di Amrou Al-Kadhi è un debutto cinematografico a tratti ambizioso, che esplora con sensibilità e creatività i temi dell’identità e della resilienza. Con una regia audace, interpretazioni appropriate e una rappresentazione vibrante della cultura queer, il film si afferma come un contributo alquanto unico nel panorama cinematografico contemporaneo. Nonostante le imperfezioni, Layla rimane un’opera che merita di essere celebrata per il suo cuore, la sua audacia e la sua bellezza visiva.