Panoramica sulla presunta “catena sanitaria”, ipotizzata al momento, che sarebbe stata a fianco di Messina Denaro tra strabismo e tumore al colon. Complici o ignari? Ricerca di riscontri.
Gli agganci sanitari che adesso sono al setaccio investigativo ruotano intorno prima alla miopia con strabismo all’occhio sinistro e poi al tumore al colon che ha provocato la morte di Matteo Messina Denaro il 25 settembre del 2023, nove mesi dopo il suo arresto, il 16 gennaio. E nella stessa clinica “La Maddalena” a Palermo dove è stato operato di cancro e poi in chemioterapia, Messina Denaro ha ottenuto una consulenza oculistica pochi giorni prima di essere catturato dai Carabinieri del Ros. Già nel 1987, a 25 anni di età, il boss non ancora ricercato, e quindi non latitante, è stato a curarsi in Spagna, a Barcellona, nella clinica Barraquer. E poi, Il collaboratore della Giustizia, Vincenzo Sinacori, di Mazara del Vallo, ha raccontato che il 6 gennaio 1994 Matteo Messina Denaro, latitante da 8 mesi, si è presentato alla stessa clinica Barraquer di Barcellona per una visita agli occhi. Si sarebbe sottoposto ad un controllo registrandosi come Matteo Messina. Alla visita del gennaio 1994 sarebbe seguito un intervento. Nel suo covo a Campobello di Mazara sono state trovate due ricette del 2016 e del 2020 firmate dall’oculista palermitano, già primario a Villa Sofia – Cervello e poi al Civico, Antonino Pioppo, 69 anni. Una prescrizione medica è intestata ad Andrea Bonafede, l’altra ad un altro nome, tra i circa 15 “alias” che al momento si accreditano al capomafia defunto. Lui, l’oculista Pioppo, nega di essere stato a conoscenza della vera identità del paziente. Nel frattempo però, in attesa di riscontri, la Procura di Palermo lo ha iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena, ovvero le stesse ipotesi di reato contestate a due medici trapanesi: Francesco Bavetta, gastroenterologo ed endoscopista di Marsala, e Giacomo Urso, chirurgo all’ospedale di Mazara del Vallo, che si difendono allo stesso modo di Pioppo: “Sì, lo abbiamo visitato e operato, ma abbiamo saputo solo dopo il suo arresto che il paziente in realtà era Matteo Messina Denaro. A noi si è presentato come Andrea Bonafede”. La Procura ha già accertato che Messina Denaro fu indirizzato e forse accompagnato da Giovanni Luppino, imprenditore agricolo suo autista, dal dottore Bavetta per sottoporsi a una colonscopia di urgenza il 3 novembre del 2020. Giacomo Urso invece il 9 novembre del 2020, solo 4 giorni dopo il ricovero e 7 giorni dopo la diagnosi di cancro al colon emerso dalla colonscopia di Bavetta, operò Messina Denaro, poi dimesso il 13 novembre. In tale frangente è emerso un altro presunto sanitario complice, inquisito e arrestato, ossia il tecnico radiologo all’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, 56 anni, di Campobello di Mazara. Lui avrebbe agevolato Matteo Messina Denaro a sottoporsi alla prima Tac. Il boss avrebbe scavalcato le liste d’attesa anticipando la sua Tac. E Cosimo Leone cambiò il turno di lavoro, dal pomeriggio al mattino, per essere presente alla Tac. E poi avrebbe consegnato al boss in corsia in ospedale un telefonino con una utenza attivata dall’Andrea Bonafede di 55 anni, e poi anche il cd della Tac con il referto. Infine, è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa il medico di Campobello di Mazara, Alfonso Tumbarello, 71 anni, ovvero colui che avrebbe firmato le prescrizioni sanitarie e le ricette a Matteo Messina Denaro durante la latitanza e la malattia al colon. I pubblici ministeri palermitani riflettono così: “Il quadro di connivenze in favore di Matteo Messina Denaro, fuori e dentro le strutture sanitarie, sta assumendo dimensioni allarmanti e imporrà ulteriori approfondimenti che saranno svolti in un contesto che fino a ora non ha mostrato alcuno spirito collaborativo”.