Lo scorso 10 luglio la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna a carico di Anna Messina, 39 anni, sorella del boss di Porto Empedocle, Gerlandino. In primo grado, il 13 gennaio 2015, la Messina, giudicata in abbreviato, è stata condannata a 6 anni di carcere per favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato l’associazione mafiosa perchè sarebbe stata messaggera del fratello Gerlandino durante la latitanza. A Favara, in Corso Stati Uniti, nella palazzina a due piani dove il 23 ottobre 2010 i Carabinieri arrestarono Gerlandino Messina, furono scoperte delle lettere di Anna Messina. Poi, il 22 aprile del 2016 la Corte d’ Appello di Palermo ha ridotto da 6 a 5 anni di reclusione la condanna inflitta ad Anna Messina, imputata non più di favoreggiamento ma di concorso esterno in associazione mafiosa. Il difensore, l’avvocato Salvatore Pennica, ha insistito nella richiesta di assoluzione sostenendo che “secondo il contenuto dei ‘pizzini’ ritrovati si evincerebbero contatti di sola natura familiare, che nulla hanno a che vedere con l’associazione mafiosa, ma al massimo potrebbero paventare un favoreggiamento, che la legge non punisce tra familiari”. Ebbene, la tesi difensiva dell’avvocato Pennica è stata accolta sia dalla Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, e sia, adesso, al processo bis d’Appello, da un’altra sezione d’Appello a Palermo, la sesta, presieduta da Roberto Murgia, che ha assolto Anna Messina. Come i giudici della Suprema Corte, anche i colleghi a cui è stato rinviato il procedimento, dopo quasi 7 ore di camera di consiglio, hanno condiviso l’orientamento della Cassazione secondo cui “non è stato accertato se Anna Messina abbia svolto, per conto del fratello Gerlandino, il ruolo di ‘corriere’ dei pizzini in maniera abituale o episodica. E, in ogni caso, il concorso esterno alla mafia si concretizza se le informazioni sono provenienti da altri associati o persone che svolgono attività utili al conseguimento degli scopi dell’associazione mafiosa. Invece, dalle sentenze di primo e secondo grado non si comprende chi fosse il destinatario dei messaggi e, quindi, non emerge in che termini la condotta della sorella del boss abbia contribuito al rafforzamento dell’associazione mafiosa”.