Il Tribunale di Caltanissetta ha rinviato a giudizio quattro poliziotti del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino” nell’ambito dell’inchiesta sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio.
Il 15 novembre del 2023 gli è stato notificato dalla Procura di Caltanissetta l’avviso di conclusione delle indagini. Poi, a firma del pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, è stata depositata istanza di rinvio a giudizio. E adesso il giudice per le udienze preliminari, David Salvucci, ha condiviso e rinviato a processo quattro poliziotti: Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, che avrebbero dichiarato il falso deponendo come testimoni nel corso del processo di primo grado sul depistaggio delle indagini dopo la strage di Via D’Amelio contro Paolo Borsellino. I dettagli: a fianco del processo a carico dei poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, assolti in primo e secondo grado, tra merito e prescrizione, dall’imputazione di calunnia aggravata dall’avere agevolato la mafia, vi è tale altro procedimento a carico dei quattro poliziotti anche loro, come Bo, Mattei e Ribaudo, parte del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino”, capitanato dal defunto questore Arnaldo La Barbera, ossia il gruppo di sarti che avrebbero vestito su misura e confezionato il falso pentito Vincenzo Scarantino, punta del compasso del depistaggio. Zerilli, Di Gangi, Maniscaldi e Tedesco rispondono di falsa testimonianza perché, nel corso del processo di primo grado sul depistaggio, sono stati ascoltati dal Tribunale e avrebbero dichiarato il falso sotto giuramento. Il collegio giudicante, presieduto da Francesco D’Arrigo, nelle motivazioni della sentenza di primo grado tra l’altro ha scritto: “L’ispettore Maurizio Zerilli ha risposto con 121 non ricordo, e non su circostanze di contorno”. E reticenze e troppi “non ricordo”, più di 100, sono addebitati anche all’ispettore Angelo Tedesco. E poi 110 sono recriminati al suo collega Giuseppe Di Gangi. E sul quarto, Vincenzo Maniscaldi, i giudici hanno scritto: “Non si è trincerato dietro ai non ricordo, ma si è spinto a riferire circostanze false”. Dunque i giudici di primo grado hanno trasmesso i verbali alla Procura affinchè procedesse per l’ipotesi di falsa testimonianza. E così è stato. Peraltro, i quattro, convocati in Procura, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il legale della famiglia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, si è associato all’istanza di rinvio a giudizio dei quattro poliziotti, in riferimento ai quali così si è espresso: “Siccome sono validi poliziotti, rimango dell’idea che si sono resi conto di quello che stava accadendo con il depistaggio. Hanno in un primo tempo taciuto, durante il primo, secondo e terzo dibattimento. Ho avuto modo di pensare che loro vivessero questi processi come una ingiustizia in ragione del fatto che coloro che li dovevano dirigere nelle indagini sono stati sfiorati e non coinvolti per come era necessario. Ma questo non li giustifica. Che Vincenzo Scarantino fosse antropologicamente inadeguato ad aver avuto un ruolo nella strage di via D’Amelio, per la loro esperienza investigativa lo sapevano. Ma quando l’impostura è stata svelata dovevate darci una mano, dovevate dirci quello che avete visto, quello che i vostri colleghi hanno commesso. Ho assistito a dei momenti in cui non avete offeso la nostra intelligenza, perché questo è poco, ma avete umiliato la memoria dei vostri colleghi” – ha concluso Trizzino rivolgendosi agli imputati.