Cuckoo di Tilman Singer è un horror che gioca con le atmosfere gotiche e surreali, ambientato nelle Alpi bavaresi. Il film ruota attorno alla figura di Gretchen, interpretata da Hunter Schafer, una diciassettenne americana costretta a trasferirsi con il padre e la sua nuova famiglia in un resort isolato, dopo la morte della madre. Sin dall’inizio, il film stabilisce un tono inquietante, con una serie di eventi inspiegabili che coinvolgono ospiti dell’hotel, una figura misteriosa che si aggira per i boschi, e strani fenomeni temporali che sembrano deformare la realtà stessa.
La regia di Tilman Singer, fortemente influenzata dall’estetica degli horror europei anni ’70 e ’80, richiama lo stile visivo di Dario Argento. Le scelte di fotografia, girate in 35mm, amplificano la tensione visiva, sfruttando la luce fredda e l’atmosfera decadente del resort. Questo approccio visivo rende ogni scena densa di suggestioni e atmosfera, creando un forte impatto estetico che immerge lo spettatore in un mondo inquietante e disturbante. L’uso di dettagli stilistici come il sangue brillante e i riflessi delle vetrate richiamano il cinema di genere italiano, rendendo omaggio agli horror classici senza mai cadere nel kitsch.
Tuttavia, se la costruzione atmosferica è una delle principali forze del film, la trama risulta più problematica. Cuckoo parte con una premessa intrigante, esplorando i temi del lutto e dell’alienazione adolescenziale attraverso il filtro dell’horror. Gretchen, isolata e in conflitto con la sua nuova realtà, è un personaggio sfaccettato e ben interpretato da Schafer, che riesce a trasmettere un mix di vulnerabilità e forza. Il suo ruolo si sviluppa con una crescente tensione, ma la narrazione spesso si perde in eventi surreali e poco coesi.
La seconda metà del film è particolarmente criticata per la mancanza di coerenza. La sceneggiatura sembra disperdersi tra una serie di eventi caotici che lasciano più domande che risposte, portando a un finale che non riesce a soddisfare pienamente. La gestione dei personaggi secondari, come il sinistro Herr König interpretato da Dan Stevens, è brillante nelle intenzioni ma confusa nella risoluzione. Il film introduce numerosi elementi di mistero, ma non sempre riesce a sfruttarli appieno, lasciando allo spettatore la sensazione che molti di questi aspetti rimangano sospesi.
Nonostante i difetti narrativi, Cuckoo offre un’esperienza visiva intensa, che riesce a catturare l’attenzione di chi è disposto ad abbandonare le aspettative di una trama lineare. La regia di Singer mostra una padronanza estetica e un amore per il genere che lo rendono un autore da tenere d’occhio nel panorama del cinema di genere. Schafer emerge come una scream queen moderna, capace di dominare la scena anche nei momenti di maggiore assurdità del film, rendendo il suo personaggio il centro emotivo della storia.
In definitiva, Cuckoo si configura come un’opera ambiziosa, in cui le suggestioni visive superano la coesione narrativa. È un film che potrebbe lasciare insoddisfatti coloro che cercano una storia ben definita, ma che offre un viaggio intrigante per gli appassionati di atmosfere gotiche e orrorifiche. La promessa di un futuro brillante per Tilman Singer come regista di genere è palpabile, ma è evidente che ha ancora margini di crescita per quanto riguarda l’equilibrio tra stile e narrazione.