Si aggravano le contestazioni a carico di Carmelo Miano, l’hacker siciliano, originario di Sciacca, di 24 anni, arrestato il primo ottobre dalla polizia postale a Roma perché avrebbe violato, tra gli altri, i server della rete informatica del ministero della Giustizia. Dagli accertamenti della polizia giudiziaria è emerso che, grazie alle sue abilità, Miano è riuscito a copiare sui suoi dispositivi personali l’intero data-base utenti del Ministero, dal quale ha poi estrapolato le password di 46 magistrati inquirenti di stanza tra Firenze, Perugia e Torino, tra cui anche quelle dei procuratori di Firenze e Perugia. Miano ha avuto a disposizione tutte le caselle mail usate per trasmettere le notizie di reato, gli ordini di fermo, le misure cautelari e i decreti di intercettazione di tutte le Procure e le Dda d’Italia. Il suo difensore, l’avvocato Gioacchino Genchi, invoca attenuanti e domiciliari, e spiega: “Se Carmelo Miano fosse stato un criminale avrebbe potuto mandare veramente in tilt il sistema Giustizia italiano. Ma non l’ha fatto: gli unici dati che ha visto sono quelli che lo riguardano, ossessionato e preoccupato com’era delle indagini sul suo conto”.