Il figlio terzogenito di Riina, Giuseppe Salvo, pubblica un post sui social in occasione del Ferragosto, interpretato come una provocazione. Ecco perché.
Il secondo figlio maschio e terzogenito di Totò Riina, Giuseppe Salvo Riina, a Ferragosto ha pubblicato un post sui social, e ha scritto: “Buon Ferragosto a tutti voi da: Via Scorsone 34, 90034 Corleone, Italia”. E a corredo ha inserito una sua foto che lo ritrae con occhiali da sole a specchio e cappello sportivo. Ebbene, da tanti tale post è stato interpretato come una provocazione, una sfida allo Stato. E ciò perché la via storica della famiglia Riina, la via Scorsone, dal novembre del 2018 non è più via Scorsone ma via Cesare Terranova, il giudice ucciso dai corleonesi di Riina e Provenzano il 25 settembre del 1979, insieme al suo collaboratore, il maresciallo Lenin Mancuso. L’ex Commissione straordinaria del Comune, composta da Giovanna Termini, Rosanna Mallemi e Maria Cacciola, che per più di due anni ha retto il Comune di Corleone sciolto per mafia, decise di cambiare il nome alla strada come segnale di presenza dello Stato. E l’iniziativa fu condivisa e sostenuta dal prefetto di Palermo dell’epoca, Antonella De Miro. Già alcuni mesi prima del novembre del 2018, le commissarie prefettizie, senza alcun timore riverenziale, notificarono in via Scorsone 34 a casa di Ninetta Bagarella, vedova di Totò Riina, una ingiunzione di pagamento della tassa sui rifiuti. Poi l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, ordinò che le processioni non sfilassero più sotto casa dei Riina. Giuseppe Salvo Riina è rientrato a Corleone nella primavera del 2023. Ha scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, riciclaggio ed estorsione. Dopo la scarcerazione è stato tra il Veneto e l’Abruzzo. E’ stato ammesso al regime di affidamento ai servizi sociali, e ha svolto un percorso di reinserimento sociale con l’Associazione famiglie contro la droga, terminando gli studi e laureandosi. Ha anche scritto un libro: “Riina family life”, tradotto pure in inglese, in cui racconta la sua vita e quella della sua famiglia. In una pagina descrive così il pomeriggio della strage di Capaci il 23 maggio del ’92: “La televisione era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo. Il viso di Giovanni Falcone veniva riproposto ogni minuto, alternato alle immagini rivoltanti di un’autostrada aperta in due… Un cratere fumante, pieno di rottami e di poliziotti indaffarati nelle ricerche… Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro”.