Il perché della crisi delle vocazioni a collaborare con la Giustizia e gli interessi legati alle stragi del ’92 e del ’93: l’intervento del procuratore aggiunto, Luca Tescaroli.
Luca Tescaroli è magistrato memoria storica delle Procure di Palermo e di Caltanissetta, istruttore di processi antimafia altrettanto storici e di rilievo. Adesso è procuratore aggiunto a Firenze, in prima linea nelle indagini sui presunti mandanti occulti delle stragi del ’92 e del ’93. E rileva una “crisi delle vocazioni” a collaborare con la Giustizia. E ritiene necessarie alcune modifiche alla normativa che incoraggino le collaborazioni. E Tescaroli spiega: “La collaborazione con la giustizia va supportata in due modi: un efficiente servizio di protezione e una normativa che la incentivi. Il divario di trattamento tra pentiti e irriducibili si è ridotto. Ciò disincentiva le collaborazioni. Occorre una riflessione collettiva, posto che la valutazione finale spetta al legislatore. Servono ulteriori e tangibili vantaggi per chi si affida con serietà allo Stato. Rimodulare il periodo dei 10 anni di detenzione necessari prima di ottenere la libertà sarebbe uno strumento di sicura incentivazione per collaborazioni importanti, attendibili e severamente controllate”. E poi Luca Tescaroli aggiunge: “Le 37 condanne per la strage di Capaci, processo che io seguii a Caltanissetta, dipesero fondamentalmente da 8 collaboratori di giustizia. Le 32 condanne per le stragi del ’93 e ’94 dipesero da 13 collaboratori. L’ultima collaborazione qualitativamente rilevante è quella di Gaspare Spatuzza nel 2008. Da allora i boss hanno preferito morire in carcere, o sperare nella possibilità di fruire dei benefici penitenziari”. E poi sulle stragi il procuratore aggiunto dubita poco e afferma: “Le stragi furono fatte per condizionare la politica legislativa del governo e del parlamento. E’ una verità non solo storica, ma anche giudiziaria. L’obiettivo era incidere su: 41 bis, norme sui collaboratori di giustizia, sequestri e confische di beni. La misura del 41 bis fu estesa ai mafiosi dopo la strage di Capaci e applicata la sera stessa della strage di via D’Amelio. Questa misura del 41 bis era temuta tanto che le stragi del luglio ’93 furono eseguite subito dopo il primo rinnovo. Il 16 luglio il ministro della Giustizia decide di prorogare il 41 bis. Le notifiche ai 242 detenuti partono il 20 luglio e terminano il 27. La notte successiva si verificano le tre stragi simultanee a Roma e Milano. L’esplosivo era partito da Palermo per Roma il 20 luglio, per Milano l’indomani. C’è un nesso causa-effetto”. E poi Tescaroli spiega ancora: “Dopo la strage di via D’Amelio fu convertito in legge il decreto sul 41 bis che stava per scadere. E’ possibile che i mafiosi si siano comportati in modo così scellerato, contro il loro interesse? Oppure questa irrazionalità è solo apparente, perché cela interessi ulteriori ed esterni, perseguiti con le bombe? La nostra Procura è impegnata a fare quanto è possibile per appurare se vi furono convergenze di interessi da parte di soggetti esterni a Cosa Nostra, sia a livello ideativo sia a livello esecutivo. Ed è uno scenario probabile. Il bicchiere della verità è quasi pieno. Stiamo cercando di capire se riusciamo a riempirlo. Non è solo un obbligo giuridico, poiché le stragi non si prescrivono, ma anche un dovere morale nei confronti delle vittime inermi e innocenti”.