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Bluets, di Maggie Nelson

Difficilmente avrei scelto di leggere un libro su un colore, avevo letto giusto Cromorama dell’ottimo Riccardo Falcinelli, ma non è un topic in cima alla mia lista di letture.
Se me lo avessero presentato semplicemente così, “Bluets” probabilmente non lo avrei mai letto.

Ma fin dalle prime pagine Maggie Nelson chiarisce la natura molteplice del blu, come lo fa ancora la traduttrice Alessandra Castellazzi (che dell’autrice aveva già tradotto “Sulla libertà”, edito da Il Saggiatore) prima nella nota che anticipa il testo, dove evidenzia le difficoltà di adattamento del termine “blue”, così ricco di sfumature nella lingua inglese.

“Bluets” è un’opera brevissima e difficile da in quadrare, è un mosaico di 240 “propositions” (così le ha definite la stessa Nelson) che vanno a dar forma a un esperimento formale costruito nel corso di vari anni e intrecciatosi strette nel nodo di un singolo colore e dei suoi innumerevoli significati.
Dal blu si dipartono piccoli racconti, aneddoti, riflessioni e intime confessioni che raccontano principalmente del dolore per la perdita di una persona amata (il “principe del blu”) e del rapporto con un’amica divenuta tetraplegica a seguito di un incidente, attorno al quale orbitano notazioni su vari temi esistenziali.
Pur mettendo a basamento due pietre miliari come la “Teoria dei colori” di Goethe e le “Osservazioni sui colori” di Wittgenstein, le proposition sono zeppe di citazioni che spaziano da Ralph Waldo Emerson a Joni Mitchell, da Leonard Cohen a  Isabelle Eberhardt, si spingono sino all’Oriente di Chögyam Trungpa e  Sei Shōnagon.

Racconti, citazioni, riflessioni e prose poetiche si rimescolano, dando vita a un mosaico erratico in cui l’unico approccio possibile per il lettore è quello di abbandonarsi al flusso apparentemente caotico della scrittura, di pagina in pagina sempre meno lineare, deflagrante, a spirale.
Temi come la solitudine esistenziale, l’abbandono amoroso, la ricerca spirituale, l’alcolismo, le conflittualità espresse nell’ossessione erotica emergono netti, componendo un disegno che si delinea per addizione di frammento in frammento.

Non ho sempre gradito il costante ricorso alle citazioni messo in piedi dalla Nelson, ho maggiormente apprezzato alcune proposition particolarmente ispirate; credo in ogni caso che non sia nel contenuto il vero aspetto interessante di “Bluets”, quanto nell’impianto formale.

Il critico statunitense Thomas Larson ha compiuto un’analisi particolarmente interessante dell’opera, mettendo in luce come questa risulti “absorbent and distracting” allo stesso tempo:

“I’m absorbed as Nelson pushes the “narrative” forward via her micro-linkages, and, finding them, I note their frequency. I’m distracted, however, because of the book’s spiraling out, changing its focus and moving on, chunk by chunk, much like the scenery of a cross-country road trip. Often my attention falls away, because each new direction takes me out of the flow and into myself. Maybe I don’t care where it goes because I’m more interested in where it’s not going, that is, where the book lands, if only for the moment.”
(“Now, Where Was I? : On Maggie Nelson’s Bluets”, Thomas Larson,Tryquarterly.org)

Senza perdersi troppo nei tecnicismi, mettendo in atto un processo di costante “distrazione” narrativa in qualche modo la Nelson consolida l’unitarietà del testo, ponendo il lettore in uno stato che Larson chiama di “conscious inattention”. Un paradosso della percezione, insomma, poiché nella rottura della linearità si conchiude in effetti il testo, alla lunga, nei suoi continui squarci e ricucimenti si fa strada la sua indiscutibile natura di patchwork.
Nonostante sia stato pubblicato quasi 15 anni fa, “Bluets” è un testo estremamente vicino all’approccio del lettore moderno, quello immerso nel multitasking, quello che può permettersi di leggere un paio di proposition per poi subito passare alla rapida scrittura un’email, scrollare il proprio feed sui social, mandare un vocale su Whatsapp, guardare un reel, riaprire il testo, leggere qualche altra proposition e ritornare al flusso di un’esistenza in cui le attività si mescolano e redistribuiscono nervosamente, non meno che nella narrazione della Nelson.

L’architettura sconnessa di “Bluets”, il continuo saltare da un tema all’altro per poi ritornarvi, l’alternanza di saggio lirico, prosa poetica e approccio diaristico è lo specchio più onesto di un’approccio alla lettura che oggi si svolge spesso sui thread dei social network, le carrellate di news e infografiche sulle gallery di Instagram e i rapidi reel sottotitolati su TikTok.
E in questo sta probabilmente l’aspetto più interessante di quest’opera che oggi, 27 Ottobre 2023, la casa editrice Nottetempo porta finalmente in tutte le librerie italiane, aggiungendo un altro tassello dell’opera della Nelson che finora vedeva due soli testi pubblicati sul nostro mercato.

Gero Miccichè
Gero Miccichèhttps://livellosegreto.it/web/@Eragal
Development Director di Electronic Arts, dove ha lavorato su GRID Legends, Need for Speed e adesso Battlefield. Vanta una lunga esperienza nella produzione in ambito televisivo, editoriale e audiovisivo, ricoprendo anche il ruolo di General Manager e Direttore Editoriale dell’emittente Teleacras. Per Gameloft ha prodotto Dragon Mania Legends e Disney Getaway Blast, anche qui partecipando attivamente alla produzione narrativa. Tra i fondatori del magazine letterario El Aleph, ha pubblicato racconti su diverse riviste e dal 2011 al 2017 è stato Direttore Artistico della rassegna letteraria televisiva ContemporaneA, dedicata alle nuove voci della letteratura italiana. Ha scritto e condotto svariate trasmissioni TV, fra cui la rubrica "Libri da ardere" e lo show videoludico GameCompass, del quale è stato direttore della testata giornalistica online. Giurato dei prestigiosi BAFTA Awards, è docente di Produzione e sviluppo di videogiochi presso la Digital Bros. Game Academy. Nel 2011, è stato insignito del premio Ignazio Buttitta e del premio Telamone per l'attività culturale, e nel 2022 ha vinto il DStars Awards, categoria “Far Star”, "per il suo contributo straordinario nello sviluppo da italiano in uno stato estero”. È fra i 100 sviluppatori italiani più importanti secondo la classifica di StartupItalia.
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