Il Tribunale di Caltanissetta si oppone all’archiviazione delle indagini e ordina di approfondire la pista americana indicata da Avola sulle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, Santi Bologna, ha disposto che si seguano, per altri sei mesi, nuove tracce investigative sulla strage di via D’Amelio contro il giudice Paolo Borsellino e i 5 agenti di scorta. L’ordinanza di prosecuzione dell’inchiesta, che si protrae tra omissioni e clamorosi depistaggi da 31 anni, si riferisce in particolare all’ex killer e collaboratore della giustizia, Maurizio Avola, che tra l’altro ha sostenuto che i mandanti e anche esecutori delle stragi palermitane del 1992 sono stranieri. E’ stata la famiglia Gambino della Cosa nostra americana, che spedì a Palermo un suo uomo d’onore esperto in esplosivi e telecomandi per insegnare a lui, Avola, e a Giovanni Brusca, come maneggiare i congegni nuovi, l’esplosivo e i telecomandi capaci di coprire una distanza di 600, 700 metri dal detonatore. E che gli americani indicarono modalità e obiettivi dell’offensiva stragista per inviare un messaggio preciso agli “amici” di Giovanni Falcone e dello “sbirro poliziotto” Gianni De Gennaro, impegnati a processare la famiglia Gambino nella loro New York. E Maurizio Avola ha rivelato che i siciliani avrebbero dovuto assassinare il governatore di New York, Mario Cuomo, del Partito Democratico, che nel novembre del 1992 avrebbe dovuto visitare Messina. E che la sua visita siciliana fu bloccata pochi giorni prima, probabilmente perché i Servizi segreti furono allertati da una “soffiata” dell’ala moderata di Cosa Nostra catanese, Nitto Santapaola in testa, contrario a stragi e omicidi eccellenti a casa sua. A sollecitare che si indaghi ancora in tale direzione è stato il legale di Avola, l’avvocato Ugo Colonna. Il giudice Santi Bologna nella sua ordinanza ha scritto che intende verificare (virgolette) “il concorso di Cosa Nostra americana, o ambienti alla stessa legata, nella strategia stragista del 1992. E’ indubbio che si tratta di un approfondimento utile alle indagini nella misura in cui Avola ha fatto riferimenti alla presenza del cosiddetto straniero appartenente alla famiglia americana dei Gambino. Può essere rilevante capire se, in effetti, nel 1992 sia avvenuta una visita in Italia da parte del governatore Mario Cuomo o, meglio, se la stessa era stata programmata e poi cancellata unitamente alle eventuali ragioni del venir meno di tale visita”. E poi il giudice Bologna sottolinea: “Le ricostruzioni giudiziarie operate non hanno potuto ricostruire compiutamente la fase dell’imbottitura e del collocamento della Fiat 126 sul luogo dell’esplosione, nè l’identità di tutti i soggetti del commando che agì in via D’Amelio, nè chi ebbe materialmente ad azionare il congegno di detonazione dell’ordigno (e da dove)”. Maurizio Avola, killer catanese da 80 omicidi a servizio del clan Santapaola – Ercolano, poi collaboratore della giustizia, secondo la Procura di Caltanissetta sarebbe l’ultimo dei “corvi” sulla strage di via D’Amelio, ovvero uno dei depistatori delle indagini sull’attentato a Borsellino. I magistrati nisseni hanno infatti depositato istanza di archiviazione delle indagini – che il giudice Bologna adesso intende che si proseguano – avviate dopo le dichiarazioni, presunte false e calunniose, di Maurizio Avola, che il 2 maggio del 2021, ospite della trasmissione a “La 7”: “Mafia. La ricerca della verità”, rivelò di avere partecipato personalmente alla strage di via D’Amelio, imbottendo la Fiat 126 di esplosivo e poi presenziando all’esplosione. E la Procura nissena, tramite il procuratore aggiunto all’epoca, Gabriele Paci, intervenne subito in modo troncante: “Maurizio Avola mente. Dalle indagini sono emersi rilevanti elementi di segno contrario che inducono a dubitare tanto della spontaneità quanto della veridicità del suo racconto. Per citarne uno tra i tanti, l’accertata presenza dello stesso Avola a Catania, addirittura con un braccio ingessato, nella mattinata precedente il giorno della strage, laddove, secondo il racconto dell’ex collaboratore, giunto a Palermo nel pomeriggio di venerdì 17 luglio, avrebbe dovuto trovarsi all’interno di un’abitazione nei pressi del garage dove è stata imbottita di esplosivo la Fiat 126 poi utilizzata come autobomba”. In riferimento a ciò, accogliendo quanto proposto dall’avvocato di Avola, il giudice Bologna ritiene (virgolette) “necessario procedere con una perizia medico-legale da approntare sul braccio di Avola per verificare se la frattura che si procurò pochi giorni prima del 19 luglio 1992 gli potesse permettere i movimenti che Avola dice di aver tenuto in via D’Amelio”.