La crisi interna a Forza Italia alla Regione, lo strappo tra Schifani e Miccichè, la preoccupazione dei Fratelli d’Italia, e la mediazione di Berlusconi.
L’arbitro è sempre stato Silvio Berlusconi. E’ lui a distanza a lavoro per ricucire lo strappo insorto in Forza Italia in Sicilia. Lui, l’ex premier, ha telefonato a Renato Schifani e a Gianfranco Miccichè, ai ferri corti, invocando armonia e concordia. E’ stato ricercato un punto di caduta, ovvero una base di accordo su cui i due atterrino non subendo ciascuno dei danni eccessivi ma più o meno tollerabili. Secondo i giudici dalla parte di Miccichè, Renato Schifani è colpevole di avere accolto come assessori dei non eletti, quando invece, da subito dopo il voto, ha predicato il contrario. E di avere nominato, quali assessori di Forza Italia, Marco Falcone, Edy Tamajo e il tecnico Giovanna Volo, non concordati con Miccichè. E dunque il punto di caduta sarebbero delle “compensazioni” sulle presidenze delle Commissioni e sull’assetto organizzativo del partito. L’opera diplomatica di Berlusconi è gradita e condivisa dai Fratelli d’Italia di Roma, ovviamente preoccupati delle tensioni in Sicilia che hanno già determinato la conquista della vice presidenza dell’Assemblea da parte dell’opposizione, con Nuccio Di Paola, del Movimento 5 Stelle. Miccichè è scettico, e racconta: “Berlusconi ha provato a parlare con il presidente ma sinora invano. So che l’ha cercato, ma Schifani non gli ha risposto, magari è molto impegnato”. Poi, il coordinatore regionale di Forza Italia, che il 25 settembre scorso ha incassato un presidente della Regione di Forza Italia da tempo ambito, definisce quanto accade “surreale”, e confessa: “Non ho idea di cosa sia successo. Schifani ha nei miei confronti un atteggiamento incomprensibile, come se gli avessi fatto qualcosa di tremendo, come se nutrisse un senso di vendetta”. L’ex presidente dell’Assemblea Regionale fronteggia inoltre la crisi all’interno del suo gruppo: la maggioranza, 9 deputati su 13, hanno costituito il gruppo di Forza Italia all’Ars capeggiato da Stefano Pellegrino, e Miccichè ne ha formato un altro, con 4 deputati, capitanato da lui stesso, e battezzato anch’esso Forza Italia, tanto che adesso li si definiscono Forza Italia 1 e 2, come i fratelli gemelli Romolo e Remo sotto la lupa Berlusconi, a meno che non si trasformino nei fratelli Caino e Abele, con l’incognita su colui che da Caino ucciderà l’altro Abele. E poi coverebbero i tizzoni ardenti di alcuni fratelli dei Fratelli d’Italia, i più “ortodossi”, che non hanno perdonato a Gianfranco Miccichè l’avere stroncato il secondo mandato da presidente a Nello Musumeci. E sarebbero proprio tali “patrioti” ad incidere sui rapporti tra Schifani e Miccichè, anche perché, peraltro, l’ex presidente del Senato è stato proposto, anzi designato, candidato governatore della Sicilia dal “patriota ortodosso” Ignazio La Russa. L’esito attuale della contesa è che Miccichè non ha ottenuto nulla nell’ufficio di Presidenza dell’Assemblea. E trapela allora che il punto di sutura cucito da Berlusconi sarà la presidenza della Commissione Bilancio, il rubinetto della spesa, da assegnare all’ex manager di Publitalia.