La Cassazione conferma il verdetto del Tribunale di Sorveglianza: no al permesso premio a Filippo Graviano, già boss di Brancaccio condannato per le stragi e l’omicidio Puglisi.
I fratelli Filippo e Giuseppe Graviano sono stati i boss di Brancaccio a Palermo. Filippo sarebbe stato la mente del clan, e Giuseppe, inteso “Madre Natura”, il braccio violento e spregiudicato. Filippo Graviano, come Giuseppe, è stato condannato all’ergastolo perché tra i mandanti delle stragi di mafia del ’92 e del ’93 e per l’uccisione di don Pino Puglisi. Ed è recluso dal 1994 in regime differenziato. Adesso non ha ottenuto dalla Cassazione un permesso premio per uscire dal carcere nonostante – come ha rivendicato il suo avvocato – la regolare condotta carceraria e il percorso scolastico. Il beneficio è stato negato perché i giudici della Suprema Corte ritengono che la sua “dissociazione” sia solo apparente, e che lui abbia mantenuto rapporti con i familiari alcuni dei quali coinvolti in logiche associative – hanno scritto i magistrati nel verdetto numero 41329, confermando il no al permesso premio già opposto dal Tribunale di Sorveglianza il 9 febbraio scorso. Lui, Filippo Graviano, nel febbraio del 2021 ha invocato il permesso premio sostenendo di essersi dissociato da Cosa Nostra. Tale richiesta è stata successiva alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, condivisa poi dalla Corte Costituzionale italiana, contro l’applicazione dell’ergastolo ostativo, introdotto da Giovanni Falcone nel ’91 e appena confermato dal governo di Giorgia Meloni in attesa che il Parlamento approvi una nuova normativa: a differenza dei detenuti all’ergastolo non per mafia, ai condannati per mafia o per terrorismo sono negati i benefici carcerari, quindi anche il permesso premio, se non hanno collaborato con la Giustizia. La difesa di Filippo Graviano, a fronte del no al permesso, ha ribattuto: “Il detenuto Graviano aveva reso dichiarazione incondizionata di dissociazione ed aveva accettato il confronto con il pentito Spatuzza, che ne aveva riconosciuto l’estraneità a fatti di sangue. Graviano non era stato coinvolto in una recente indagine avente ad oggetto il mandamento mafioso di Brancaccio, già di riferimento dello stesso Graviano. Inoltre, la condotta in carcere era sempre stata regolare, tanto che era stata riconosciuta la liberazione anticipata e di partecipazione al trattamento rieducativo, come desumibile dal percorso scolastico giunto sino al conseguimento, con il massimo dei voti, della laurea magistrale. E poi la sottoposizione al regime differenziato non è incompatibile con l’ammissione all’esperienza premiale”. Nelle motivazioni del no da parte della Cassazione invece si legge: “L’istituto dei permessi premio costituisce elemento del trattamento penitenziario e quindi va riconosciuto previa valutazione dell’andamento complessivo del percorso riabilitativo e, dunque, se risulta, in relazione ai progressi compiuti e alle prospettive, idoneo a contribuire al conseguimento dell’obiettivo rieducativo. La considerazione dei gravissimi reati commessi è stata unita al rilievo che non ne era seguita una effettiva presa di distanza, ed, anzi, erano stati mantenuti i contatti con i familiari pure già coinvolti nel medesimo contesto di criminalità organizzata”. E quindi la prima sezione penale della Cassazione conclude: “Sono dati che, letti alla luce della carente rivisitazione critica dei gravissimi reati commessi, non hanno consentito di valorizzare la pur regolare condotta carceraria e il percorso scolastico”.