Altri dettagli investigativi nell’ambito dell’inchiesta “Sorella Sanità 2”. Indagati a piede libero anche tre agrigentini. L’Anac: “In Italia si ruba in un’Azienda sanitaria su tre”.
Nell’ambito dell’inchiesta “Sorella Sanità 2” sono indagati a piede libero anche tre agrigentini non raggiunti da misure cautelari. Si tratta di Cataldo Manganaro, 70 anni, di Canicattì, dove è stato sindaco Dc dal settembre al novembre del 1985, e dall’ottobre del 1992 al settembre del 1993. A suo carico il giudice per le indagini preliminari del Tribunale, Clelia Maltese, ha inizialmente disposto gli arresti domiciliari, e poi, avendo riscontrato che una delle contestazioni di reato sarebbe prescritta, ha revocato la misura. Gli altri due indagati in stato di libertà sono il figlio di Cataldo, Salvatore Manganaro, 46 anni, e l’avvocato Calogero Mattina, 66 anni, di Racalmuto. E la Guardia Finanza, che ha sostenuto le indagini coordinate dalla Procura di Palermo, si è avvalsa anche delle dichiarazioni di due già inquisiti nell’ambito dell’inchiesta “Sorella Sanità 1” sfociata nel maggio del 2020 in 13 misure cautelari: uno è Fabio Damiani, ex manager dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani e responsabile della Centrale unica di committenza degli appalti, condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi di reclusione, e l’altro è lo stesso Salvatore Manganaro, condannato a 4 anni e 4 mesi. Ed il gip Clelia Maltese, in riferimento alla collaborazione dei due, scrive adesso: “Non può che affermarsi la piena attendibilità di entrambi gli indagati, i quali hanno reso racconti specifici, dettagliati e riscontrati. Il racconto degli indagati appare circostanziato, esattamente collocato nel tempo rappresentando un’esatta ricostruzione degli eventi e soprattutto del loro succedersi ed evolversi nel tempo”. La Guardia di Finanza di Palermo ieri ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 10 persone: 1 in carcere, 4 ai domiciliari e 5 destinatari di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Sarebbe stato scoperchiato un giro di tangenti per centinaia di migliaia di euro e gare truccate per 700 milioni di euro in alcune Aziende sanitarie siciliane. Infatti si contestano, a vario titolo, i reati di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Secondo un recente approfondimento a cura dell’Anac, l’Autorità nazionale anti-corruzione, svolto durante la presidenza di Raffaele Cantone, in Italia si ruba in un’Azienda sanitaria su tre. E il 77 per cento dei manager della Sanità pubblica ritengono che all’interno della loro struttura si pratichi il pagamento delle tangenti. “Con la Sanità non si cura ma si mangia”.