Innanzi al giudice per le indagini preliminari i tre empedoclini arrestati lunedì scorso per presunte tentate estorsioni. I dettagli.
Si è svolto in video – conferenza l’interrogatorio di garanzia dei tre empedoclini arrestati ai domiciliari con braccialetto elettronico lunedì scorso 17 ottobre dalla Squadra Mobile di Agrigento per tentata estorsione a danno di due imprese impegnate nel servizio della nettezza urbana locale, e di un imprenditore edile. Giuseppe Migliara, 61 anni, Filippo Freddoneve, 59 anni, e suo figlio Giuseppe, 34 anni, avrebbero tentato, tra il dicembre del 2019 e l’agosto scorso, di imporre delle assunzioni di familiari e amici, e anche retribuzioni non dovute. Le indagini sono state avviate a seguito delle denunce degli imprenditori contro le richieste estorsive, aggravate da minacce spesso rivolte tramite messaggi telefonici. E il capo della Squadra Mobile, Giovanni Minardi, ha colto l’occasione per incoraggiare ancora una volta imprenditori e commercianti a denunciare subito ricatti e vessazioni. Dunque, innanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Filippo Serio, due indagati, Migliara e Freddoneve padre, difesi dagli avvocati Nino Gaziano e Rosario Fiore, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Invece Freddoneve figlio, difeso da Fiore e da Daniela Principato, ha risposto proclamandosi innocente. Nel frattempo, non avendo riconosciuto come ricorrente l’aggravante mafiosa, il giudice Serio ha disposto il trasferimento degli atti dell’inchiesta dalla Procura antimafia di Palermo alla Procura di Agrigento. Giuseppe Migliara assurse all’attenzione di Cosa Nostra a Porto Empedocle perché, come ha raccontato il pentito empedoclino adesso defunto Pasquale Salemi, il 4 aprile del 1992, il giorno dell’omicidio del maresciallo Giuliano Guazzelli sul viadotto Morandi, lui avrebbe commesso poco prima dell’agguato una rapina a Montallegro, provocando un intervento massiccio delle forze dell’ordine nella zona anche tramite un elicottero in volo lungo la statale 115 fino a Porto Empedocle. Uno dei killer di Guazzelli, il poi pentito Alfonso Falzone, anche lui di Porto Empedole, si arrabbiò tanto perché, per causa di Migliara, rischiò di essere catturato, lui e gli altri due killer di Guazzelli: Castronovo e Focoso. Peraltro, tempo dopo, ancora Giuseppe Migliara avrebbe sparato dei colpi di fucile contro l’automobile di un ispettore di Polizia di Porto Empedocle. E le forze dell’ordine reagirono con una raffica di perquisizioni, provocando parecchio disagio alla famiglia di Cosa Nostra empedoclina, che decise di uccidere Migliara. Io – ha aggiunto Salemi – conoscevo Migliara e gli consigliai di andarsene perché lo volevano uccidere. Giuseppe Migliara allora si recò da Luigi Putrone dicendogli che lui ed i suoi familiari sapevano che lo voleva uccidere, e che se fosse morto avrebbero saputo tutti a chi addebitare l’omicidio. Putrone seppe dallo stesso Migliara che ero stato io a confidargli l’intenzione di ammazzarlo. Putrone non mi disse niente, ma so “che se l’è serbata”.