Condannato all’ergastolo Pietro Morreale, il ragazzo che a Caccamo, in provincia di Palermo, avrebbe tramortito e poi bruciata viva la sua fidanzata. I dettagli.
Lui ha litigato con la sua fidanzata durante una cena con amici. Poi l’ha aggredita e tramortita colpendola con un sasso. Poi le ha appiccato il fuoco addosso. Poi l’ha gettata in dirupo. Poi l’indomani si è recato dai Carabinieri. E ha raccontato: “La mia ragazza dopo una lite si è prima incendiata, e poi si è buttata in un burrone”. Dopo alcuni giorni, i Carabinieri, da subito scettici sul racconto, lo hanno arrestato per omicidio pluri-aggravato. Adesso la Corte d’Assise di Palermo ha condannato all’ergastolo Pietro Morreale, 21 anni, di Caccamo, imputato di avere brutalmente ferito la sua ragazza, Roberta Siragusa, 17 anni, e di averla poi bruciata ancora viva, la notte tra il 23 e il 24 gennaio del 2021. Il rapporto tra Morreale e Siragusa sarebbe stato burrascoso. Nel corso del dibattimento in Aula sono emersi 33 episodi di violenza commessi da lui nel corso del tempo contro di lei. E poi il video di una telecamera di sorveglianza nella zona dell’efferato delitto, che è stato proiettato innanzi ai giudici in occasione dell’incidente probatorio, ed in cui è stata registrata l’agonia della sventurata, che brucia divorata dalle fiamme per almeno 5 minuti. E a poca distanza è posteggiata l’auto di Morreale, nei pressi dello stadio comunale, dove la coppia si è appartata dopo avere litigato, e dove sono state trovate anche le chiavi di Roberta. E poi le macchie del suo sangue sono state rinvenute nell’automobile di lui. Pietro Morreale avrebbe assistito a quanto accaduto seduto in auto, poi avrebbe caricato il cadavere sull’automobile e poi lo avrebbe lanciato giù in una scarpata nelle campagne di Caccamo. Lei avrebbe voluto separarsi da lui, e lui non si sarebbe rassegnato, tanto che, al culmine dell’ennesimo diverbio, l’ha aggredita col sasso, le ha gettato addosso del liquido infiammabile conservato in automobile, e l’ha arsa viva. Durante la stessa notte i genitori di Roberta gli hanno telefonato. Lui, verosimilmente per crearsi un alibi, ha inviato dei messaggi al telefonino di lei, scrivendole: “Dove sei. Sono preoccupato”. Al processo si sono costituti parte civile i genitori, il fratello, la nonna di Roberta e due associazioni antiviolenza. Alla lettura della sentenza, nella tarda serata di ieri dopo 12 ore di Camera di consiglio, hanno assistito decine di amici della ragazza uccisa. Il commento lapidario della madre di Roberta: “Ha avuto giustizia, adesso può riposare in pace”. Pietro Morreale è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. Risarcirà la madre della vittima, Iana Brancato, per 225mila euro, il padre, Filippo Siragusa, per 229mila euro, il fratello Dario per 209mila euro, e la nonna, Maria Barone, per 117mila euro. Risarcirà anche il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15mila euro. I giudici non hanno accordato il risarcimento alle due associazioni contro la violenza sulle donne.