La Procura di Gela ha concluso le indagini a carico di 26 agrigentini. Contestato un maxi furto d’acqua lungo la condotta idrica dissalata tra Gela e Aragona.
Nel tempo antecedente all’insediamento di Girgenti Acque, la condotta idrica dissalata Gela – Aragona è stata una sorta di “Nord Stream” del tempo nostro, ovvero un tubo di collegamento strategico e fondamentale da cui è dipeso l’approvvigionamento idrico di tanti Comuni compresa la città di Agrigento. Ebbene, il “Nord Stream” di casa nostra subiva in quel tempo ricorrenti rotture, spesso dolose, e il sindaco dell’epoca, Aldo Piazza, era costretto ai salti mortali per rifornirsi altrove. Piazza, in quanto primo cittadino, fu tacciato di inefficienza e di incapacità. E l’ex ministro Angelino Alfano, suo sponsor politico, intervenne personalmente proponendo che in piazza Stazione fosse montato un tabellone in costante aggiornamento segnalante quanti litri di acqua al secondo avesse ricevuto ogni giorno Agrigento, così da affrancare da ogni responsabilità diretta il sindaco Piazza. Ancora in quel tempo furono parecchi i blitz delle forze dell’ordine che scoprirono altrettanti agricoltori che bucavano la condotta, e con tubi e pozzetti dirottavano l’acqua verso i propri terreni coltivati soprattutto a serre. E’ trascorso oltre un decennio e il “Nord Stream” Gela – Aragona è ancora alla ribalta delle cronache giudiziarie. Infatti, il sostituto procuratore di Gela, Luigi Lo Valvo, ha appena notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (anticamera della richiesta di rinvio a giudizio) a carico di 26 indagati nell’ambito dell’inchiesta intitolata “H2O”, la molecola dell’acqua o, come la intendono gli scienziati, la “molecola della vita”. I 26 sarebbero responsabili di un maxi furto di acqua pubblica dalla condotta Gela-Aragona, gestita da Siciliacque. Loro, quasi tutti imprenditori agricoltori di Licata e anche di Favara e Canicattì, avrebbero tracciato, allestito e alimentato una rete parallela alla condotta per riempire d’acqua, a costo zero, invasi artificiali privati in particolare nella zona tra Licata e Butera, che cavalca il castello di Falconara e i confini tra le due province di Agrigento e Caltanissetta. L’inchiesta è stata avviata alla fine del 2019, a seguito delle numerose denunce presentate da Siciliacque su continui furti d’acqua lungo il “Nord Stream” Gela – Aragona. La Procura di Gela ha proposto al Tribunale l’applicazione della misura cautelare dell’arresto in carcere per 14 dei 26 indagati. Il giudice per le indagini preliminari, Marica Marino, ha invece imposto delle misure cautelari meno affliggenti, tra divieto di dimora e obbligo di firma. Tra i 26 vi è anche Calogero Ferro, figlio dello storico capomafia di Canicattì, Antonio Ferro. Il reato contestato è il furto, aggravato per essere stato commesso su beni destinati a pubblico servizio e utilità. Ai difensori 20 giorni di tempo per opporre mezzi e atti a difesa, dopodiché la Procura depositerà formalmente la richiesta di rinvio a giudizio.