Iniziata in Corte d’Assise d’Appello a Caltanissetta la requisitoria a carico di Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92. L’intervento del procuratore generale, Antonino Patti.
Il 21 ottobre del 2020 la Corte d’Assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio, ha condannato Matteo Messina Denaro all’ergastolo anche per le stragi di Capaci e via D’Amelio contro Falcone e Borsellino. Come mandante. Ebbene, il processo innanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta è iniziato lo scorso 4 maggio. E adesso è stata avviata la requisitoria. Tra l’altro, il procuratore generale, Antonino Patti, ha sottolineato: “L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato le stragi, insieme ad altri mafiosi regionali che rivestivano uguale carica. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore”. E poi più nel dettaglio ha narrato: “L’imputato entrò a far parte di un organismo riservato direttamente alle dipendenze di Totò Riina, il gruppo denominato la ‘Super cosa’. L’attività deliberativa e organizzativa di Messina Denaro a favore delle stragi ha cominciato a esplicarsi nell’ottobre del 1991, che coincide con le riunioni in provincia di Enna. Chi è Matteo Messina Denaro? E’ certamente un mafioso. Ha quattro condanne per 416bis, riferite a tempi diversi. E’ certamente un assassino perché dal casellario giudiziale mi risulta essere stato condannato per sette stragi e una ventina di omicidi. Giovanni Brusca, interrogato sul potere esercitato nella provincia di Trapani, dirà: il capo ufficialmente era Francesco Messina Denaro, però, già nel momento in cui rivestiva questo ruolo, le cariche formali ed esecutive erano rivestite dal figlio Matteo. Faceva le funzioni di capo provincia perché o ne parlava direttamente col padre o si prendeva le responsabilità di quello che si decideva”. E poi Antonino Patti ha aggiunto: “C’era un totale e reciproco rapporto di fiducia tra Totò Riina e Matteo Messina Denaro. Il rapporto iniziato negli anni ‘80 non ha mai avuto alcun momento di attrito o incrinatura. Anche dopo le stragi, Matteo Messina Denaro, dopo che Riina fu arrestato, continuò a esercitare la sua egemonia. Il potere di Riina era talmente forte che non si poneva il problema di mettere a capo della provincia di Trapani Matteo Messina Denaro, nonostante nel ’91 avesse appena 29 anni. Era una sua creatura, con tutto il rispetto per Mariano Agate, che non poteva rappresentare il futuro. Messina Denaro era incensurato, sconosciuto alle forze dell’ordine – diventerà latitante soltanto il 2 giugno del ’93 – e in quel momento era libero di muoversi. Matteo era capace a livello criminale e Riina capì che la pasta era quella giusta”. E poi il procuratore generale Patti ha concluso: “La riunione per gli auguri di Natale del 1991 avviene prima del 13 dicembre. I nomi delle persone da eliminare, ha riferito Antonino Giuffrè, si sapevano: Falcone, Borsellino, Salvo Lima, Martelli e Mannino. Giuffrè rimase impressionato da quella riunione perché era finito il tempo delle chiacchiere e bisognava agire. Fu etichettata come la riunione della resa dei conti. Dopo le parole di Riina scese un silenzio assoluto”. La requisitoria proseguirà il 27 ottobre nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta.