Maxi operazione antimafia dei Carabinieri. Oltre 70 gli indagati, e 35 gli arresti. L’inchiesta a cavallo delle province di Trapani, Palermo e Agrigento.
All’alba di oggi, martedì 6 settembre, a nord della Sicilia occidentale si è scatenato un putiferio. I Carabinieri hanno imperversato alla ricerca di circa 70 persone, anche Matteo Messina Denaro, a cui notificare provvedimenti giudiziari firmati dalla Procura antimafia di Palermo. A lavoro i militari del Ros e del comando provinciale di Trapani, e poi i comandi provinciali di Palermo e Catania, gli elicotteri dei “Cacciatori Sicilia” e “Cacciatori Calabria”, e il 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”. L’esercito rossonero ha arrestato 35 indagati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, droga, armi, gioco d’azzardo e altro, tutte ipotesi di reato aggravate dal metodo e dalle modalità mafiose. Poi perquisizioni e sequestri a raffica. L’obiettivo primo dell’operazione, come tante altre in precedenza, è stato la cattura del superlatitante di Castelvetrano. L’inchiesta ruota intorno a boss e gregari dei mandamenti mafiosi di Cosa Nostra trapanese. Confermato il ruolo di capo di Messina Denaro, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti nella provincia mafiosa. Dal monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala sono emerse le dinamiche interne ai clan per designare le cariche ai vertici e per coltivare rapporti interprovinciali con Cosa Nostra palermitana, agrigentina e catanese, nel cui ambito i trapanesi sono stati indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”. Ancora dalle indagini sono affiorate a galla le attività di infiltrazione di Cosa Nostra trapanese nel tessuto economico e sociale, condizionando le gare d’appalto, e poi tramite la gestione, in forma pressoché monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. E poi alterando le procedure di aggiudicazione di immobili venduti all’asta giudiziaria. E poi con estorsioni a danno di aziende locali nel settore eno-gastronomico, tra cui una cantina vinicola, e turistico, ovvero le strutture ricettive. Di rilievo sarebbe stata la disponibilità di armi da fuoco. Nel corso del blitz sono state effettuate numerose perquisizioni su siti ritenuti di interesse operativo anche al fine della ricerca di Matteo Messina Denaro.
E tra gli arrestati oggi spicca Franco Luppino, presunto boss di Campobello di Mazara. Il pentito Andrea Bonaccorso ha raccontato: “Il 5 novembre del 2007, giorno dell’arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Matteo Messina Denaro stava raggiungendo a bordo di un’automobile Fiat Panda di colore verde Salvatore Lo Piccolo a Giardinello, dove furono arrestati i Lo Piccolo. Non era da solo Messina Denaro, ma in compagnia di Franco Luppino, uno dei suoi uomini più fidati, e di Ferdinando Gallina, giovane e rampante boss della famiglia di Carini, alleata fedele di Lo Piccolo. Videro l’elicottero che seguiva dal cielo le fasi della cattura del boss di San Lorenzo che in quell’immobile fu sorpreso assieme al figlio Sandro e ad altri due ricercati: Gaspare Pulizzi e Andrea Adamo. Nei giorni precedenti Adamo avrebbe rivelato a Bonaccorso che doveva esserci un incontro con ‘un trapanese’ senza specificarne l’identità, e che bisognava ‘tenere gli occhi aperti’. Quando si accorsero che sul cielo di Giardinello c’era un elicottero, Matteo Messina Denaro, Luppino e Gallina decisero di fare marcia indietro. Successivamente Pino Scaduto, boss di Bagheria legato a Messina Denaro, mi ha svelato l’identità del misterioso ‘trapanese’. Era Matteo Messina Denaro. Se i poliziotti avessero aspettato al massimo un’ora, in quella casa sarebbe successo il 48”.