Ancora vivace il dibattito dopo il deposito delle motivazioni della sentenza assolutoria al processo “Trattativa”. L’intervento dell’avvocato ex pm, Antonio Ingroia.
L’avvocato Antonio Ingroia, ex pubblico ministero al processo di primo grado sulla presunta trattativa tra Stato e mafia all’epoca delle stragi del ’92 e del ’93, interviene nel merito delle motivazioni addotte alla sentenza assolutoria emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo, secondo cui il dialogo, definito improvvido, avviato dai Carabinieri del Ros con la mafia tramite Vito Ciancimino, e l’atteggiamento di favore verso Provenzano a scapito di Riina, siano stati assunti e condotti a tutela dell’interesse generale dello Stato affinchè si evitassero altre stragi e quindi per “fini solidaristici”. Ingroia è di avviso contrario, e afferma: “Chi avviò quella trattativa non era un eroe della Repubblica. Anzi, ha tradito lo Stato e la Costituzione. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone non avrebbero mai trattato con i mafiosi sanguinari e stragisti. Invece questi uomini dello Stato hanno fatto questa scelta, che i giudici hanno definito essere stata fatta per ‘fini solidaristici’, per impedire altre stragi. Beh, direi ‘alla faccia’, visto che ci sono state altre stragi dopo quella trattativa, furono uccisi altri cittadini innocenti, altro che ‘fini solidaristici”. E poi Antonio Ingroia rincara la dose: “Quella trattativa è stata avviata da uomini dello Stato con coloro che erano gli assassini di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, e gli uomini e le donne delle loro scorte. Si mettano quindi l’anima in pace i detrattori e i sedicenti opinionisti che per anni hanno detto che noi pubblici ministeri di Palermo del tempo eravamo dei ‘visionari’, e che quell’accusa, ovvero l’attentato o minaccia a corpo politico dello Stato, era costruita sul nulla. La trattativa c’è stata, ma i Carabinieri del Ros sono stati assolti perché, secondo i giudici, contattando il sindaco mafioso Vito Ciancimino non vollero rafforzare la minaccia mafiosa allo Stato per strappare al Governo concessioni favorevoli agli interessi mafiosi, ma, semmai, avrebbero voluto tali concessioni come male e come mezzo necessario per sventare una minaccia in atto. Ovvero fermare le stragi. In sostanza sono stati condannati i mafiosi, Bagarella e Cinà, che avevano portato avanti questo progetto, mentre nei confronti dello Stato i magistrati di Palermo hanno affermato che quelle dei Carabinieri furono delle ‘improvvide’ iniziative, senza considerare eventualità sfavorevoli. Infatti tali iniziative hanno rafforzato i mafiosi nel loro proposito criminale, perché li hanno rafforzati nella loro determinazione a proseguire nella stagione stragista in Sicilia e fuori dalla Sicilia. Insomma quello che noi sostenemmo in quell’indagine era tutto vero, fondato, altro che chiacchiere e invenzioni giudiziarie”. E poi Ingroia conclude: “Mi chiedo chi ha dato ai Carabinieri l’ordine di prendere contatti con Vito Ciancimino? E ciò – come scrivono i giudici nelle motivazioni – ‘per indicibili ragioni di Stato’. Quali erano queste indicibili ragioni? Anche istituendo una Commissione parlamentare d’inchiesta, occorre verità e chiarezza sulle vicende di questo Stato parallelo, che non ha solo tradito Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma che è stato anche assassino”.