A cavallo della presentazione delle liste si susseguono gli interventi incrociati nel merito del contenzioso elettorale. Critiche al Pd per l’estromissione di Villari e Lupo.
Alla vigilia della presentazione delle liste per le elezioni Regionali del 25 settembre, e dopo lo schieramento dei candidati alle Nazionali, da una parte all’altra delle barricate del contenzioso elettorale si susseguono gli interventi incrociati. Stefania Prestigiacomo, capolista di Forza Italia nel collegio plurinominale della Sicilia orientale al Senato rilancia: “Il centrodestra il 25 settembre ha una grandissima occasione: tornare alla guida del Paese in un momento di grande importanza, e contemporaneamente confermarsi coalizione vincente in una delle più importanti regioni d’Italia, la Sicilia. Sarebbe stolto non cogliere questa opportunità. Voteremo compatti e vinceremo a Roma e Palermo”. E poi conclude: “Cateno De Luca è un sintomo della malattia della politica”. E l’ex sindaco di Messina, candidato a presidente della Regione, ha appena incassato l’adesione e la candidatura nella sua lista “Sicilia Vera” di Angelo Villari, l’ex segretario del Partito Democratico di Catania che ha rinunciato a candidarsi con il Pd dopo le polemiche sugli inquisiti non candidabili. E a “Sicilia Vera” ha aderito anche l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Luigi Bosco. E De Luca commenta: “Come abbiamo ripetuto fin dal primo giorno della nostra campagna elettorale, noi abbiamo chiesto a uomini e donne libere di sposare il nostro programma per cambiare la Sicilia, mettendo da parte le ideologie. Angelo Villari e Luigi Bosco, insieme agli altri candidati, stanno mettendo la propria competenza a disposizione del territorio e della nostra Isola per liberarla dalla banda bassotti politica”. E poi, in riferimento alla stessa polemica sugli inquisiti non ammessi nelle liste del Pd, Cateno De Luca aggiunge: “Non sopporto i processi sommari che sono fatti alle persone, non accetto che un uomo come Angelo Villari, nella sua funzione di segretario provinciale del partito, quindi persona buona e degna di rappresentare il partito, ad un certo punto sia buttato via in nome di una strategia che nulla ha a che vedere con il territorio. Il nostro è un progetto plurale, che al suo interno accoglie diverse sensibilità, con percorsi diversi ma obiettivi comuni”. E contro il no del Partito Democratico ai candidati con pendenze giudiziarie punta il dito Davide Faraone, capogruppo al Senato di Italia Viva: “Che tristezza assistere al populismo giudiziario che si è impossessato del corpo del Pd. Che profonda amarezza vedere in un sol colpo fatte a pezzi la Costituzione, la legge e l’anima liberale e riformista di una forza politica che riformista, liberale e garantista non lo è più. Quello che sta accadendo in Sicilia non è un fatto solo locale ma è la metafora del destino ridicolo di un partito che, a forza d’inseguire i 5 Stelle, si è lasciato contagiare della peggiore politica dei manettari. Giuseppe Lupo e Angelo Villari, due dirigenti del Pd della Sicilia che stimo per le battaglie sociali e politiche che in questi anni li ha resi protagonisti e a cui mi lega una profonda amicizia, sono la fotografia ingiallita della disfatta della politica prima che della negazione della giustizia. Senza ricevere alcuna solidarietà dai vertici del partito, sono estromessi perché ritenuti ‘impresentabili’ in quanto sotto processo ma senza alcuna condanna, e che quindi secondo la legge, il codice antimafia e lo statuto del Pd sono presentabili e potrebbero essere tranquillamente candidati”.