La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, tramite la Guardia di Finanza, ha confiscato un tesoro di circa 17 milioni di euro all’imprenditore Vincenzo Gammicchia, 74 anni, “re” nel settore della vendita di pneumatici e assistenza a Palermo. Lui non è un mafioso, anzi è formalmente incensurato, ma – secondo la Procura di Palermo – la sua fortuna imprenditoriale ed economica sarebbe frutto dell’intercessione della mafia. E i magistrati scrivono testualmente: “Seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, Gammicchia è da ritenersi colluso al sodalizio mafioso, posto che ha operato, fin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale avviata negli anni ’70, sotto l’ala protettiva di Cosa nostra, in particolare le famiglie mafiose operanti nei quartieri Acquasanta e Arenella”. La confisca, successiva al sequestro nel 2019, comprende: due aziende di vendita e riparazione di pneumatici, un consorzio di revisione dei veicoli, 28 immobili (appartamenti e magazzini), tra cui una villa con piscina a Palermo e una a Isola delle Femmine. E poi 32 rapporti bancari, 8 polizze vita ed una cassetta di sicurezza con preziosi ed orologi di pregio, oltre a 9 fra auto e moto. Secondo alcuni pentiti Vincenzo Gammicchia avrebbe riciclato nelle proprie attività soldi delle famiglie mafiose, e nelle sue aziende si sarebbero svolti anche summit fra boss. Inoltre, avvalendosi dei boss dell’Acquasanta avrebbe minacciato un concorrente per evitare che avviasse un’attività nello stesso suo settore. Nel 2015 denunciò di avere subito un incendio a causa del racket. In verità non si sarebbe trattato di un’intimidazione per mancato pagamento del pizzo, che Gammicchia non avrebbe mai pagato, ma di una punizione perché si era permesso di comprare all’asta un bene di un mafioso.