Il 14 luglio del 2002 ad Agrigento è stata la seconda e ultima domenica della festa di San Calogero, e fu anche il giorno del blitz antimafia della Squadra Mobile cosiddetto “Cupola”. Nelle campagne di Santa Margherita Belice, fu bruscamente interrotto un “consiglio provinciale” di Cosa Nostra agrigentina (ecco perché Cupola), convocato per eleggere il capo provincia dell’epoca, che sarebbe stato Maurizio Di Gati. Le persone arrestate furono 15 e sarebbero state 16 se Leo Sutera, capomafia di Sambuca di Sicilia, non fosse stato coinvolto la mattina della stessa domenica in un incidente stradale che gli provocò la frattura del femore. L’appuntamento fu solo rinviato. Sutera, inteso ‘’u professuri’’, perché diplomato e già insegnante al laboratorio di fisica dell’istituto tecnico industriale “Ettore Majorana” di Palermo, fu arrestato il 16 luglio successivo insieme al suo presunto braccio destro Antonino Maggio, inteso “u carbunaru”, imparentato con Totò Riina perchè un fratello di Nino Maggio, Vito Maggio, ha sposato la sorella della moglie di un fratello di Riina. Poi Leo Sutera è stato ancora arrestato dalla Squadra Mobile agrigentina in occasione dell’operazione antimafia battezzata “Nuova Cupola”, il 26 giugno del 2012, e nel frattempo gli investigatori che inseguono Matteo Messina Denaro lo hanno fotografato nelle campagne della sua Sambuca, intento a leggere dei pizzini, forse dello stesso Messina Denaro. Adesso Leo Sutera ha 67 anni di età, sarebbe il successore di Giuseppe Falsone a capo di Cosa nostra agrigentina, e la pubblico ministero della Direzione Distrettuale antimafia di Palermo, Alessia Sinatra, ritenendolo socialmente pericoloso, ha proposto al Tribunale di Agrigento l’applicazione a suo carico della misura della sorveglianza speciale per 5 anni, il massimo consentito dalla legge. E la Procura di Palermo invoca, inoltre, la confisca dei beni di Leo Sutera, che sono stati già sequestrati il 5 dicembre del 2016 dalla Guardia di Finanza: un villino, alcuni appezzamenti di terreno, e anche dei cavalli gestiti in un maneggio a Sambuca di Sicilia, e poi quote societarie di un esercizio commerciale di Sciacca e risorse finanziarie su conto e deposito, per un valore complessivo di oltre 400 mila euro. I difensori di Sutera, gli avvocati Carlo Ferracane e Giovanni Vaccaro, si oppongono e replicano che Sutera non ha più rapporti con Cosa Nostra già da tanti anni, dopo avere scontato la condanna che gli è stata inflitta al processo “Cupola”.