L’ex procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, non condivide il pessimismo del collega Alfredo Morvillo: “Tutto è iniziato dopo le stragi. Quelle morti non sono state vane”.
In occasione dei 30 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, e a margine delle polemiche insorte a cavallo delle elezioni Amministrative a Palermo, il magistrato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca compagna di Giovanni Falcone vittima anche lei della strage di Capaci, ricorda la sorella, così: “Mia sorella si è dedicata per molto tempo alla giustizia minorile, in un’epoca in cui la Procura della Repubblica di Palermo peraltro aveva un solo sostituto. Amava molto occuparsi dei problemi dei ragazzi e della situazione che spesso si verifica in città: la delinquenza sin da piccoli, che poi diventa mafia”. E poi, in analisi storica, ha aggiunto: “Io ero collega, ma anche amico di Giovanni Falcone. Vorrei ricordare un tema che in questi giorni e non soltanto è d’attualità, ovvero cosa resta dopo il 1992? Cosa resta dopo la strage di Capaci? Queste morti hanno portato ad alcuni risultati incisivi? Mi verrebbe da dire che il sacrificio di Giovanni, Paolo e Francesca sia stato inutile. Io dico che, in questo momento, fino a quando non capiremo tutti che la lotta alla mafia non è soltanto un problema della magistratura, bensì un modo di vivere, e finché non recupereremo un’intransigenza morale su tutto ciò che riguarda la mafia, non arriveremo mai a sconfiggerla del tutto” – ha concluso. L’ex procuratore di Palermo e nazionale antimafia, Piero Grasso, giudice a latere al maxi processo istruito da Falcone e Borsellino, comprende il rammarico di Alfredo Morvillo, ma esprime delle riserve. E afferma: “Capisco il dolore e l’amarezza del collega Alfredo Morvillo ma non condivido il suo pessimismo. Non credo che il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sia stato vano, ritengo invece che tutto sia cominciato proprio da lì, all’indomani delle stragi: la ribellione della società civile contro la mafia, i lenzuoli bianchi appesi ai balconi di Palermo, una cosa mai vista prima, la risposta delle istituzioni con i processi e gli arresti di tutti i boss latitanti con l’unica eccezione di Matteo Messina Denaro”. E poi Grasso sottolinea: “Noi dobbiamo dire che quella mafia lì non esiste più, è stata destrutturata, distrutta anche se purtroppo non è finita. E dobbiamo dire ai ragazzi che la storia continua e deve continuare attraverso loro. Sono loro che devono proseguire avendo la consapevolezza che Falcone e Borsellino non sono dei supereroi ma erano delle persone come noi. Per questo dico che la loro morte non solo non è stata vana, ma è stata l’inizio di una vera e propria rivoluzione” – conclude. A testimonianza di ciò, Piero Grasso, ogni anno in viaggio con gli studenti verso Palermo il 23 maggio sulla “nave della legalità”, così è stato solito rivolgersi agli stessi studenti: “Giovanni, molte volte ci siamo sentiti persi senza di te. Una cosa però ha sconfitto i 500 chili di tritolo che usarono per uccidere te, Francesca, Vito, Rocco, Antonio: brilla negli occhi delle migliaia di cittadini, soprattutto giovani, che oggi ti ricordano, che hanno appreso da te cosa significhi credere nella legalità, impegnarsi per essa sempre e comunque, anche quando tutto sembra impossibile. Molti non erano neanche nati nel 1992, eppure sono qui. Loro hanno capito, Giovanni. Sono loro gli uomini e le donne sulle quali camminano ogni giorno le tue idee”.