Al processo in corso al Tribunale di Caltanissetta sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio proseguono le arringhe degli avvocati delle Parti civili. L’intervento dell’avvocato Trizzino.
Al processo in corso innanzi al Tribunale di Caltanissetta, sul presunto depistaggio delle indagini dopo la strage di Via D’Amelio contro il giudice Paolo Borsellino, la Procura ha già chiesto la condanna dei tre poliziotti imputati di calunnia aggravata dall’avere favorito la mafia allorchè avrebbero imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino: 11 anni e 10 mesi di reclusione a carico di Mario Bo, e 9 anni e mezzo di detenzione ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Ebbene adesso intervengono i legali delle Parti civili costituite in giudizio, ed è stata la volta dell’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia di Paolo Borsellino e marito della figlia del giudice, Lucia. E Trizzino ha affermato: “Definire questo processo ‘epocale’ è anche riduttivo. Il pubblico ministero Stefano Luciani all’inizio della requisitoria ha ritenuto di chiedere scusa alle parti civili presenti. Io vorrei rassicurare il dottor Luciani che non è lui che deve chiedere scusa, perché ha dato un contributo fondamentale per almeno 13 anni alla ricostruzione di questi eventi così dolorosi. Sono altri i pubblici ministeri che avrebbero dovuto chiedere scusa. E sono scuse che non sono mai arrivate, nonostante noi crediamo che loro siano in qualche modo coinvolti nel confezionamento di quello che è stato definito nella sentenza ‘Borsellino quater’ come uno dei ‘più grandi depistaggi della storia giudiziaria italiana’. Mi rendo conto che è un’affermazione forte e dolorosa, ma, visto il contegno tenuto dai magistrati Anna Maria Palma e Carmelo Petralia nel corso del loro interrogatorio, noi diciamo che, per quanto loro si possano credere assolti, riteniamo che siano lo stesso per sempre coinvolti”. E a tal proposito, l’avvocato Trizzino ha citato il testo di una canzone di Fabrizio De Andrè, ‘Canzone del maggio’, che recita: “Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio, se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento, se il fuoco ha risparmiato le vostre Millecento, anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”. E poi l’avvocato della famiglia Borsellino ha aggiunto: “Nell’opera di ricostruzione di ciò che è avvenuto dopo la strage di via D’Amelio, le anomalie e le negligenze corrispondevano a un disegno criminoso portato avanti da uomini che dovevano ricostruire la verità. Il colloquio investigativo è stato stuprato per consentire pressioni su Vincenzo Scarantino. Vi è stato un processo di passaggio di informazioni tra la Squadra Mobile di Palermo e i Servizi segreti del Sisde. Il capocentro del Sisde, che nulla sapeva di Palermo, si rivolge alla locale Squadra mobile che passa le veline. La Procura di Caltanissetta all’epoca era composta da un Procuratore che si occupava di materia ordinaria. E i magistrati che erano a Caltanissetta non conoscevano le dinamiche di Palermo, e quindi dipendevano dalle relazioni che giungevano dalla Squadra Mobile di Palermo”.