La Corte d’Appello di Palermo ha condannato 11 imputati di associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti e altri reati collegati alle attività della cosca di Brancaccio. Sei imputati sono stati assolti. A Luigi Fabio Scimò, presunto capo della cosca, sono stati inflitti 22 anni e 10 mesi di reclusione in continuazione con altri reati. Poi 16 anni e 8 mesi a Salvatore Testa, uno dei presunti organizzatori della raccolta delle estorsioni, indicato come il reggente fino a luglio 2019 della cosca di Corso dei Mille. Poi 13 anni e 4 mesi a Giovanni De Simone, in affari con Scimò e Testa. 12 anni a Pietro Di Marzo, che sarebbe stato in contatto con la famiglia Barbaro di Platì (Reggio Calabria) per l’acquisto di hashish. Poi 11 anni e 4 mesi a Patrizio Militello, 4 anni e 6 mesi a Carlo Testa, 4 anni e 4 mesi a Pietro Luisi. Ed ancora: 11 anni e 8 mesi ad Aldo Militello, 8 anni a Lorenzo Mineo, 2 anni a Enrico Urso, e 2 anni a Vincenzo Machì. Urso avrebbe reso a disposizione per i summit del mandamento di Brancaccio un appartamento di via Fratelli Campo 33.