Il 10 novembre del 2020, a Palermo, in Corte d’Appello, la Procura generale, al termine della requisitoria, ha invocato la conferma della sentenza emessa il 6 dicembre del 2018 ad Agrigento, dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Alfonso Malato, che, a conclusione del giudizio abbreviato, ha condannato a 4 anni di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici, l’avvocato Francesca Picone, imputata di estorsione e tentata estorsione. E ad 1 anno e 8 mesi di reclusione a carico della di lei sorella, Concetta Picone, consulente fiscale di un patronato. Il processo ruota intorno a presunte pretese estorsive, legate al pagamento delle parcelle professionali, a danno di clienti disabili. Ebbene, adesso la Corte d’Appello di Palermo, presieduta da Vittorio Anania, ha dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione verso le sorelle Picone, previa riqualificazione del reato in esercizio arbitrario, e in alcuni casi tentativo di esercizio arbitrario, delle proprie ragioni. Pertanto i giudici di secondo grado non hanno ritenuto sussistenti le pretese estorsive, riqualificandole come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ovvero il reato per il quale è già intervenuta la prescrizione. Ecco perchè il non luogo a procedere. Francesca e Concetta Picone, anziché 10mila come disposto in primo grado, pagheranno 5mila euro di provvisionali alle quattro parti civili, oltre che le spese processuali. Le due Picone sono state difese dagli avvocati Fabrizio Siracusano, Valerio Spigarelli, Angelo Farruggia e Annalisa Russello. Le parti civili sono state rappresentate dagli avvocati Salvatore Pennica, Giuseppe Arnone, e Arnaldo Faro.