Sono un ascoltatore della prima ora del podcast “Demoni Urbani”, la voce di Francesco Migliaccio accompagna i miei viaggi in macchina raccontando il lato oscuro dell’urbanità da ormai molto tempo. Un progetto cominciato dalla cronaca nera italiana e che negli anni si è esteso a quella oltreoceano (straordinaria la narrazione del Dukun indonesiano che uccise e bevve la saliva di 42 donne per ascendere allo stato divino) e che non poteva non trovare una sua naturale declinazione nella pagina scritta: poterselo permettere non è scontato per alcun podcast, anzi, è raro che uno stile pensato per l’oralità possa adattarsi alla carta stampata senza pagarne lo scotto, specie se poi a reggere ogni racconto si può contare sulla voce di un interprete bravo e dal timbro profondo come Migliaccio, il quale infatti avvertiva gli ascoltatori, all’uscita del libro, che avrebbero sentito la sua voce anche leggendo queste pagine.
Personalmente questo non è accaduto: anzi, è proprio in questo libro che ho sentito ancor più chiara la voce Giuseppe Paternò Raddusa, il cui stile già nella trasposizione orale emergeva nitido e inaspettatamente elegante, per essere destinato a un podcast. Come narratore ha profondità, senso della regia, attenzione ai personaggi e alla loro psicologia, ai loro moventi, alle loro debolezza, e tutti questi elementi rendono le ricostruzioni dei fatti di cronaca solidi dal punto di vista del racconto e squisitamente letterari.
E di matrice letteraria è senza dubbio la prosa di Paternò Raddusa, che si avvale di uno stile ricercato ma non ampolloso, di scelte formali attente, ragionate, a volte ardite, al punto da correre il rischio più di una volta di inciampare (talvolta si incappa in veri e propri “sbalzi di temperatura” che rendono lo stile poco organico e fuori tono, ma sono sbavature isolate e che non sottraggono vigore al libro).
La narrazione è però globalmente ben bilanciata – appropriata al contesto cronachistico – così come la direzione del racconto è equilibrata, e grazie a questa gestione le 14 storie di questo libro risultano indubbiamente godibili.
C’è spazio un po’ per tutto, dalle forti figure femminili come Patrizia Reggiani (forse la figura più nota di queste pagine, la mandante dell’omicidio dell’ex marito Maurizio Gucci), Sonya Caleffi (l'”Angelo Sterminatore” che accompagna gli ultimi sospiri dei pazienti vestendo i panni della premurosa infermiera) o la “mantide” Luisella Pullara alla disamistade di Orgosolo, da mostri come Luigi Chiatti agli scandalosi “ziti” di Giarre, casi di nera rispolverati e raccontati in una maniera ben lontana dai canoni del giornalismo di cronaca. Sono fatti noti ai più nel nostro paese, che hanno trovato spazio nelle prima pagine dei maggiori quotidiani nazionali, ma qui raccontati sotto una diversa luce.
Nella prosa di Paternò Raddusa sento l’eco di certi scrittori siciliani, è una sonorità ancora in germe ma su cui spero possa e voglia lavorare. Aspetto un suo romanzo, che sono sicuro prima o poi arriverà.