La presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, ha relazionato sulle condizioni di Salvatore Riina, adesso ospite dell’Ospedale Maggiore a Parma. E quando lei, la Bindi, ha ceduto la parola agli altri componenti della Commissione, gli altri hanno sottolineato che il paziente Riina riceve assistenza e cure che probabilmente tanti altri anziani e malati concittadini non ricevono affatto. In tale riflessione si sintetizza l’esito del sopralluogo compiuto dalla Commissione antimafia all’Ospedale di Parma, e che servirà da traccia alla decisione a cui si appresta il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, che si pronuncerà sull’istanza di scarcerazione del Capo dei Capi dopo la tirata di orecchie da parte della Cassazione, che ha raccomandato il rispetto del diritto alla morte dignitosa per Riina come per altri detenuti. Dunque: Totò Riina riceve cure mediche adeguate in regime di detenzione, tali da assicurarne un decorso dignitoso e una morte, quando avverrà, altrettanto dignitosa. Così come, del resto, è stato per Bernardo Provenzano. E Rosy Bindi, a conclusione della visita al detenuto Riina, in spola tra ospedale e carcere di Parma, tra l’altro ha riferito: “Viste le condizioni fisiche di Riina, sì imprevedibili ma al momento stabili, si potrebbe anche ipotizzare in futuro un rientro in carcere, dove comunque le condizioni sarebbero adeguate, identiche se non superiori a quelle di cui potrebbe godere in un regime di domiciliari. Questo gli consente lo svolgimento di una vita dignitosa, e di una morte, quando essa avverrà, altrettanto dignitosa. A meno che non si voglia affermare un diritto a morire fuori dal carcere, che non è supportato da nessuna norma. Riina è stato e rimane il capo di Cosa nostra perché tale rimane per le regole mafiose. Ha continuato a partecipare alle numerose udienze che lo riguardano dimostrando di conservare lucidità. Conserva immutata la sua pericolosità concreta e attuale, è perfettamente in grado di intendere e volere, non ha mai esternato segni di ravvedimento. Riina si alimenta autonomamente, è sotto osservazione medica ed è costantemente assistito da un’equipe di infermieri” – ha concluso la presidente Bindi, che poi ha proiettato la questione in un contesto più ampio, che comprende tutti i detenuti al 41 bis, e ha spiegato: “E’ necessario considerare che molti dei detenuti al 41 bis condannati all’ergastolo, specie quelli a cui il regime speciale è stato applicato sin dalla sua entrata in vigore, sono invecchiati o destinati a invecchiare in ambito carcerario dove bisogna far fronte al loro naturale decadimento fisico spesso accompagnato dall’insorgenza o dall’aggravarsi di patologie mediche.”