Corruzione e tangenti al Provveditorato regionale per le opere pubbliche. In pendenza di condanna nove imputati tra imprenditori e pubblici funzionari.
Presunta corruzione e tangenti al Provveditorato regionale per le opere pubbliche. La Procura di Palermo ha invocato complessivamente 57 anni e 4 mesi di reclusione a carico di 9 imputati, tra imprenditori e pubblici funzionari, inquisiti nell’ambito dell’inchiesta “Cuci e scuci”, frutto delle indagini della Squadra Mobile. E’ caduta l’ipotesi di reato di associazione per delinquere. I nove imputati al processo ordinario sono gli impiegati al Provveditorato:
Carlo Amato, 58 anni, di Palermo
Fabrizio Muzzicato, 52 anni, di Enna
Francesco Barberi, 69 anni, di Agrigento
Antonino Turriciano, 64 anni, di Castellammare del Golfo.
E poi gli imprenditori:
Giuseppe Messina, 71 anni, di Enna
Filippo Messina, 46 anni, di Enna
Ignazio Spinella, 50 anni, di Marineo
Lorenzo Chiofalo, 55 anni, di Nardò, in provincia di Lecce
Giuseppe Pinto Vraca, 71 anni, di Castel’Umberto, in provincia di Messina.
Ebbene, adesso sono stati proposti:
8 anni e 10 mesi di carcere per Carlo Amato
4 anni e 2 mesi per Fabrizio Muzzicato
7 anni per Francesco Barberi
6 anni e 8 mesi per Antonino Turriciano
6 anni e 2 mesi per Giuseppe Messina
6 anni e 2 mesi per Filippo Messina
6 anni e 6 mesi per Ignazio Spinella
6 anni e 6 mesi per Lorenzo Chiofalo
6 anni e 2 mesi per Giuseppe Pinto Vraca.
Già il 31 ottobre del 2019 il Tribunale di Palermo ha ratificato il patteggiamento della condanna di tre imputati di corruzione: l’impiegato Antonio Casella, 51 anni, di Palermo, che dopo l’arresto ha collaborato con i magistrati, ha patteggiato 4 anni e 3 mesi di reclusione. I due imprenditori hanno patteggiato: 2 anni e 10 mesi Giuseppe Giovanni Tunno, 50 anni, di Canicattì, e 2 anni Tommaso D’Alessandro, 60 anni, di Bagheria. Poi Claudio Monte, 54 anni, di Palermo, altro impiegato del Provveditorato alle opere pubbliche, e l’imprenditore Franco Vaiana, 84 anni, di Palazzo Adriano, sono stati ammessi al giudizio abbreviato.
Le indagini della Squadra Mobile sono state intraprese a seguito della denuncia di un imprenditore della provincia di Enna, Gaetano Debole, che non si è piegato al ricatto delle tangenti. Le ‘mazzette’ della corruttela sarebbero state pagate al Provveditorato delle opere pubbliche, competente per la gestione e i pagamenti dei lavori pubblici eseguiti in tutta la Sicilia. Gli imputati avrebbero ideato la cosiddetta ‘mazzetta rimborsata’, ovvero gli imprenditori avrebbero pagato le tangenti ai funzionari corrotti. E poi i funzionari, con stati di avanzamento dei lavori, avrebbero aumentato le somme previste per gli appalti consentendo così all’imprenditore di recuperare il denaro già pagato come tangente, scaricando quindi sulle casse pubbliche il costo della corruzione.