Nel video sopra lo Speciale di Gero Micciché, con spezzoni dello spettacolo di Giuseppe Innocente al Teatro della Posta Vecchia.
Nella penombra notturna di un atelier minimalista, un uomo è in piedi dietro un tavolo di legno, intento a disegnare su un grande foglio. Intorno a lui numerosi ritratti di volti umani appesi a corde, come fossero ad asciugare. Sul tavolo e ai suoi piedi si vedono rotoli di carta, disegni sparsi e strumenti da disegno. Il caos creativo di uno studio d’artista cresce attorno all’attore Giuseppe Innocente, che si immerge nella creazione di un mondo fatto di carta, carboncino e storie. La sua opera prima, Ombre, è un’esplosione di immaginazione e un tributo vibrante alla potenza della narrazione orale, un’intersezione tra realtà e mito, che prende vita attraverso la fisicità e la voce dell’attore.
La scena allestita al Teatro della Posta Vecchia è nello spazio incastonato tra occhi inquietanti e il gesto frenetico dell’artista che inizia la magia. Nei panni di un creatore insonne, Innocente si piega sul tavolo, disegnando volti che sono veri e propri contenitori di storie. Sono le “ombre” che prendono davvero forma solo durante il racconto, proiezioni mute che, nelle mani dell’artista, diventano portali verso Alicudi, l’isola-scoglio al centro di una narrazione fatta di carne, voce e sogno.
Ed è proprio Alicudi, isola nell’isola sospesa tra realtà e leggenda, il proscenio immaginario di questa narrazione. Innocente raccoglie storie di pescatori, migranti, amori spezzati e incontri sovrannaturali, trasformandoli in monologo che si snoda come una rete intricata. È un viaggio che conduce il pubblico in un altrove fatto di voci che risuonano dal fondo del mare e amanti perduti che tornano sotto forma di sussurri. Da luogo geografico Alicudi diviene un’arena mitica, uno spazio che si popola di volti.
La potenza dello spettacolo non risiede solo nelle storie che racconta, ma nella presenza scenica di Giuseppe Innocente. Formatosi alla scuola del maestro giapponese Kuniaki Ida, al Teatro Arsenale di Milano, Innocente si sbraccia, si torce, sale sul tavolo, abita ogni angolo del palco con un’energia inesauribile, facendo del corpo mezzo narrativo. Voce e corpo diventano il tramite attraverso cui il pubblico può sentire il vento sferzare su Alicudi, le sue leggende sussurrate, il rumore del mare e dell’onda. Ogni gesto, ogni piega del corpo è parte viva del racconto e rende la performance autentica e vibrante.
Innocente gioca con i ritmi, costruendo monologhi che si muovono con una musicalità quasi ipnotica. I climax si susseguono come onde che si infrangono contro la costa, mantenendo il pubblico in una tensione costante, per poi lasciare spazio a momenti di quiete, dove i piccoli silenzi e le pause si fanno eloquenti. C’è una qualità rituale nella sua recitazione, che trasforma il teatro in un luogo di comunione, una finestra aperta su un mondo fatto di racconti da un mondo lontano, pur trattandosi di un’isola vicina.
Del resto Ombre non è solo un omaggio all’isola e alle sue storie; è un’opera in bilico tra visibile e invisibile, tra reale e immaginato. È una prova del potere della narrazione, capace di dare forma a ciò che non ha nome, e di delineare i contorni di volti sbiaditi.
La parte finale, il bellissimo monologo sul mare, pare riportare tutto a casa: la grande distesa d’acqua si fa simbolo di memoria, diperdita e di eterno movimento.
È una chiusura straordinaria per uno spettacolo che è, in ultima analisi, un grande atto d’amore. Amore per Alicudi, per le storie umane e sul potere della creatività e della fantasia.
Giuseppe Innocente, con una recitazione memorabile, regala un’esperienza artistica e intellettuale che rimane con lo spettatore molto tempo dopo che le luci si sono spente. Ombre è un tributo all’immaginazione, un invito a guardare oltre la superficie e un ricordo della nostra comune umanità, tanto fragile quanto eterna.