Attendevo il Borderlands di Eli Roth da molto tempo, mi chiedevo cosa un regista dall’ampia cultura cinematografica, appassionato di horror e b-movie, autore di gioiellini come Cabin Fever e Hostel, avrebbe tirato fuori da una IP intrisa di black humor ed energia esplosiva. Non mi aspettavo rimanesse fedele all’omonima serie di videogiochi, mi aspettavo la esaltasse.
Invece di raccontarvi quanto le doti registiche di Roth abbiano fatto di Borderland un ottimo film, sono costretto a parlare di questi circa 100 minuti di vuoto pneumatico su grande schermo.
Cate Blanchett, nel ruolo della protagonista Lilith, è indubbiamente uno dei pochi elementi che apportano qualità alla pellicola, grazie a un’interpretazione carismatica e decisa riesce a dare vita a un personaggio che non manca di fascino. Roth, d’altro canto, butta il suo buon personaggio nel flusso di una regia caotica e frammentaria, in cui le scene d’azione risultano confusionarie e prive di impatto. Nonostante la sua performance, e la presenza di altri attori di spicco come Jack Black e Jamie Lee Curtis, l’adattamento appare privo della mordente, non sfiora neanche lontanamente lo spirito dell’IP videoludica originale, e in generale risulta abbastanza piatto.
Il film presenta una versione semplificata della trama di Borderlands, scegliendo di focalizzarsi principalmente sulla missione di Lilith per salvare Tiny Tina e aprire il leggendario Vault. Nel gioco, il mondo di Pandora è un territorio di esplorazione continua, con una forte enfasi su vari elementi che nel film sono trattati in modo marginale. L’adattamento limita anche l’umorismo crudo e la violenza che caratterizzano il videogame, per ottenere una classificazione PG-13 che possa risultare fruibile a un pubblico più ampio. Scelta anche questa al ribasso, che priva il film dell’intensità e dell’impatto che ci si poteva aspettare, e le scene d’azione piuttosto che essere coinvolgenti, risultano confuse e raffazonate.
Intendiamoci, io non penso come molti che Borderlands sia un brutto film: sarebbe già qualcosa. Borderlands è un film anonimo, per nulla memorabile, e rappresenta un’occasione mancata non solo data la ricchezza del materiale di partenza, ma anche per la presenza di Eli Roth alla regia. Roth è noto per il suo stile grottesco, ampiamente citazionista, fuori dagli schemi. Si poteva benissimo tirare fuori un film in linea con lo spirito di un tempo in cui film dalla regia in pienissimo stile anni ’70-’80 che stanno ritornando in voga. Film come Terrifier, Woman of the Hour e Late Night with the Devil mostrano un ritorno a certe estetiche retrò. In Borderlands, tuttavia, non c’è traccia del carattere incisivo e dissacrante di Roth: al contrario, il film risulta privo di personalità, con una regia che sembra passiva e completamente slegata da qualsiasi cifra stilistica distintiva. A conti fatti, dietro la macchina da presa sarebbe potuto esserci chiunque: non c’era davvero bisogno di scomodare Roth per girare un adattamento così anonimo e per nulla incisivo.
Roth tenta di metterci del suo forse nelle sequenze più action, ma pare il film sia stato soggetto a numerosi tagli: il risultato è che l’amalgama montaggio-regia pare non funzionare, e le scene d’azione risultano inutilmente caotiche e difficili da seguire. Anche sequenze di combattimento mancano di ritmo e coerenza, ci si trova catapultati in scene che sembrano messe lì a caso, senza la giusta attenzione. Anche la sceneggiatura, co-scritta da Roth e Joe Crombie, non riesce a catturare l’ironia e il cinismo del gioco. Le battute escono forzate e ripetitive, e i personaggi, sebbene interpretati da un cast di talento, non riescono a emergere come figure memorabili. Claptrap, il robot sarcastico di Jack Black, è un personaggio semplificato rispetto alla versione del gioco e, nonostante qualche momento comico, non lascia lo stesso impatto della sua controparte digitale.
La fotografia di Rogier Stoffers offre qualche spunto interessante, ricreando l’estetica desertica e distopica di Pandora, ma anche qui si percepisce una mancanza di profondità. Le ambientazioni, benché visivamente fedeli al gioco, risultano piatte e prive della stessa atmosfera coinvolgente, e l’azione frenetica rende difficile apprezzare appieno il mondo di Borderlands. In un tentativo di avvicinarsi al fascino visivo di film come I Guardiani della Galassia, si arriva al massimo a ottenere un’estetica interessante ma anonima, senza una forte identità.
Borderlands fallisce miseramente nel tentativo di portare il mondo folle e frenetico del videogioco in un contesto cinematografico, e si perde tra una regia disorganizzata, una sceneggiatura frammentaria e una fotografia che non riesce a compensare la mancanza di coesione narrativa. Il risultato è un film che offre solo una vaga eco dell’energia e della follia che caratterizzano il mondo di Borderlands, restando un anonimo blockbusterone privo di anima e uguale ad altri mille.