La Procura Generale condivide la tesi della Cassazione e riconosce all’assassino di Lorena Quaranta le attenuanti generiche: “stressato dall’ansia covid. Non l’ergastolo ma 24 anni di carcere”.
Il 18 luglio del 2023 la Corte d’Assise d’Appello di Messina ha confermato la sentenza emessa il 14 luglio del 2022 dalla Corte d’Assise di Messina che, come proposto dal pubblico ministero, Roberto Conte, ha condannato all’ergastolo Antonio De Pace, 32 anni, l’infermiere calabrese che la notte del 31 marzo del 2020 ha ucciso la fidanzata, il medico Lorena Quaranta, 27 anni, di Favara, nella loro casa a Furci Siculo. Poi il 19 luglio scorso la Cassazione ha annullato la sentenza di condanna con rinvio ad altra sezione di Corte d’Assise d’Appello ma solo limitatamente alla valutazione di applicabilità delle attenuanti generiche dopo il ricorso della difesa. Le attenuanti invocate, e da valutare, sarebbero legate allo stato di agitazione, ansia e angoscia derivato dalla pandemia covid in corso all’epoca del delitto. Testualmente la Suprema Corte ha invitato i giudici di secondo grado a “valutare soltanto l’eventuale sussistenza delle attenuanti generiche e, in particolare, se possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio, costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale”. Ancora i giudici della Cassazione, in riferimento alla sentenza d’Appello annullata con rinvio, hanno scritto: “La sentenza d’Appello non tiene conto della causa che ha provocato la condizione di agitazione, ossia la pandemia, e che ha ostacolato la pronta attivazione di quei presidi, di ordine psicologico, affettivo, relazionale, sanitario, diretti a mitigare gli effetti e a prevenirne l’escalation. In un frangente storico drammatico, in cui l’umanità intera è stata chiamata praticamente dall’oggi al domani a resistere a un pericolo sino a quel momento sconosciuto, invasivo e in apparenza inarrestabile, il femminicida ha vissuto un disagio psicologico poco a poco evoluto in ansia e, quindi, angoscia”. Ebbene, adesso la Procura Generale della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, riconoscendo la sussistenza di tali attenuanti generiche, ha invocato una conseguente attenuazione della condanna, ovvero non l’ergastolo bensì 24 anni di carcere. L’avvocato Giuseppe Barba, che assiste la famiglia di Lorena parte civile, si è opposto. Prossima udienza il 28 novembre.